martedì 26 giugno 2012

Mutui e prestiti personali Inpdap 2012 per dipendenti pubblici: le novità e offerte


MARTEDÌ 26 GIUGNO 2012
L’Inpdap, l’Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell’Amministrazione Pubblica, presenta nuove proposte per prestiti personali e mutui prima casa.
Oltre ai piccoli presti annuali, biennali e triennali, l’Inpdap ha, infatti, aggiunto anche quello quadriennale, che prevede l’erogazione di quattro mensilità della retribuzione o della pensione da restituire in 48 rate mensili. Per quanto riguarda, invece, i mutui, d’ora in poi potranno essere richiesti, per l’acquisto della prima casa, anche dai figli di coloro che sono iscritti all’Istituto, offerta lanciata per sostenere i più giovani nell’acquisto della prima casa, oggi impresa quasi ardua.
Ovviamente più vantaggiosi rispetto ai tradizionali sono i tassi applicati: per i piccoli prestiti sono del 4,25%, per i prestiti pluriennali sono al 3,50%, per i mutui ipotecari a tasso fisso al 3,75% e per i mutui ipotecari a tasso variabile per il primo anno al 3,50% e per i successivi al tasso Euribor a 6 mesi.
Anche Poste Italiane offre nuove proposte ai pensionati Inpdap ed anche Insps: si tratta della cessione del quinto Banco Posta, un prestito personale di Poste Italiane, ricco di vantaggi e che permette di ottenere un finanziamento in tempi rapidi.
Caratteristica fondamentale del finanziamento, che può essere richiesto anche dai non titolari di conti presso Poste Italiane, il rimborso del debito avverrà mediante trattenuta della rata direttamente sulla pensione, fino a un massimo di un quinto della quota capitale netta. L’importo finanziabile dipenderà dall’importo della pensione.

MERCATO S.SEVERINO: POSTE IN TILT, INTERVIENE COMUNE


Il Comune interviene ancora una volta in difesa dei cittadini penalizzati dai disservizi dell’Ufficio Postale di Mercato S. Severino.
Il Sindaco Giovanni Romano, dopo aver raccolto numerose lamentele da parte dei ll’utenza, ha inoltrato una lettera al direttore provinciale di Poste Italiane per segnalare questa volta l’anomalo funzionamento del BancoPosta-Postamat.
“Mi è stato rappresentato il discontinuo funzionamento del servizio BancoPosta-Postamat” – ha scritto Romano – “disfunzione che non  garantisce il prelievo continuo, nonostante la pubblicità che l’Ente Poste Italiane diffonde attraverso vari canali. Da diversi giorni sul display compare la scritta:” Servizio momentaneamente sospeso”.
Questo disservizio – attestano i cittadini – è ricorrente e si verifica soprattutto nei giorni del sabato e della domenica, procurando non pochi disagi all’utenza.
Il Sindaco ha chiesto un immediato ripristino del servizio Postamat ed ha assicurato ai cittadini che seguirà il problema fino al ripristino dello stato dei fatti.
L’Amministrazione Comunale di Mercato S. Severino è intervenuta più volte per la risoluzione di inconvenienti causati dall’Ufficio Postale del Capoluogo: sportelli intasati, mancata o sporadica consegna della corrispondenza, turni e orari non sempre adeguati alle esigenze dell’utenza nel periodo estivo.
“ Siamo al servizio dei cittadini” – ha dichiarato Giovanni Romano – “ed è un nostro preciso impegno difenderne i diritti e favorire un livello qualitativo di vita sempre più accettabile e civile. La nostra Città è il centro capofila della Valle dell’Irno, sede di uffici giudiziari, finanziari, istituzioni scolastiche, ospedale e su di essa gravita la vicinissima città universitaria; non possiamo, pertanto, accettare superficialità e trascuratezze che ne offuscano l’immagine”.

lunedì 25 giugno 2012

Pagamento pensione: stop ai contanti dal 1 luglio 2012


Redazione Fisco & Tasse - InvestireOggi.it
25 giugno 2012

Dal 1° luglio 2012 scatta il divieto di pagamento in contanti delle pensioni sopra i 1000 euro e tutti i soggetti interessati hanno l'obbligo di aprire un conto corrente, bancario o postale.
Stop al pagamento in contanti della pensione sopra i mille euro dal 1° luglio 2012, per cui è d’obbligo l’accredito su conto corrente.

 Dal 1° luglio prossimo entrerà in vigore definitivamente lo stop al pagamento in contanti delle pensioni sopra 1000 euro, per cui i pensionati che superano questo importo del loro trattamento pensionistico, dovranno dotarsi di un conto corrente, bancario o postale, oppure di un libretto postale o carta prepagata per poter riscuotere la loro pensione.

TRACCIABILITÀ PAGAMENTI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
L’obbligo di dotarsi di un conto corrente o carta prepagata  su cui ricevere la pensione di importo superiore ai mille euro deriva dall’onere posto in capo a tutte le Pubbliche amministrazioni di utilizzare strumenti di pagamento elettronici, resi disponibili dal sistema bancario e da quello postale. Stiamo parlando del cosiddetto obbligo di tracciabilità, introdotto dalla manovra Monti, la manovra salva Italia di dicembre scorso. L’obbligo di tracciabilità nasce in relazione alla corresponsione di stipendi, di pensioni e ogni altro tipo di compenso, dovuti in via continuativa a lavoratori e prestatori d’opera, nonché per ogni altro tipo di emolumento a chiunque destinato, quando risulti d’importo superiore a 1000 euro.

PAGAMENTO PENSIONI SOPRA MILLE EURO: COSA FARE
Dopo ben due proroghe, l’obbligo scatterà dal 1° luglio prossimo e coinvolgerà chi finora ha riscosso la pensione presso gli uffici postali in contanti, superando l’importo di mille euro. Per evitare di trovarsi senza pensione dal prossimo mese, il soggetto interessato deve scegliere quale strumento elettronico utilizzare, tra quelli bancari e postali, includendo anche le carte prepagate. In particolare il passo da compiere è quello di rivolgersi direttamente alla banca presso cui si vuole far accreditare la propria pensione sopra i 1000 euro, ovvero ci si può rivolgere agli uffici postali di riferimento. Altra scelta è quella di rivolgersi direttamente all’Inps, per cui chi è in possesso del codice Pin per i servizi telematici, può optare tra banca, posta ecc, sul portale dell’Istituto nazionale di previdenza sociale. Per chi non avesse dimistichezza con gli strumenti informatici, il consiglio è racarsi personalmente e direttamente presso gli uffici territoriali dell’Inps.

ACCREDITO PENSIONE INPDAP
Da segnalare la situazione dei pensionati pubblici, i c.d. ex Inpdap ora accorpati con l’Inps. L’Inpdap, dal suo sito, dopo aver ricordato che la legge n. 44 del 26 aprile 2012, di conversione con modificazioni del decreto legge 16 del 2 marzo 2012, ha ulteriormente prorogato al 1° luglio 2012 la data a partire dalla quale gli enti e le pubbliche amministrazioni non possono più pagare in contanti le pensioni e gli stipendi, ha ribadito che in caso di importi superiori a 1000 euro, deve esserci l’accredito della pensione su conto corrente postale o bancario, su libretto postale o su carta prepagata abilitata.   I pensionati che percepiscono la pensione in contanti, devono comunicare immediatamente le coordinate bancarie (codice Iban) del conto corrente bancario o postale o del libretto postale su cui desiderano che sia accreditata la pensione. Se poi viene aperto un conto corrente postale o libretto postale, il pensionato non deve comunicare tale nuova modalità di accredito alla Sede di competenza, in quanto tali informazioni saranno fornite direttamente da Poste Italiane. L’Inpdap precisa che anche i pensionati che percepiscono una rata mensile di pensione inferiore a 1000 euro, potrebbero superare il limite consentito per il pagamento in contanti nel caso di somme aggiuntive, competenze arretrate  o eventuali rimborsi. In tal caso si invitano tutti i pensionati che riscuotono la pensione in contanti a comunicare nel più breve tempo possibile il codice Iban.

APERTURA CONTO CORRENTE SU DELEGA
Se questi soggetti poi dovessero trovarsi nell’impossibilità, per gravi e comprovati motivi di salute o per provvedimenti giudiziari restrittivi della libertà personale, di recarsi presso l’istituto bancario o l’ufficio postale, spetta ai delegati alla riscossione, aprire un conto corrente bancario o postale o un libretto postale. L’apertura del conto corrente su delega è possibile a condizione che lo stesso c/c sia intestato al beneficiario dei pagamenti. In tal caso il delegato deve presentare alle banche o a Poste italiane Spa precisi documenti come la copia della delega alla riscossione autorizzata dalla gestione ex Inpdap, la copia del documento di identità del beneficiario del pagamento, la dichiarazione dello stesso delegato attestante la sussistenza della documentazione comprovante i gravi motivi di salute o copia del provvedimento giudiziario restrittivo della libertà personale.

sabato 23 giugno 2012

Poste Italiane: sindacati ai Comuni, gravi danni da riordino servizi



(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Roma, 22 giu - La Slc-Cgil e la Slp-Cisl hanno scritto ai presidenti delle principali associazioni dei comuni italiani - Anci, Anpci e Uncem - per metterli in guardia dalle "gravi ripercussioni sul servizio ai cittadini causate dalla riorganizzazione dei servizi postali prevista da Poste Italiane". I sindacati, si legge in una nota, hanno chiesto alle associazioni "un autorevole intervento presso Poste Italiane e presso l'azionista pubblico affinche' non si dia seguito al progetto ed anzi si riapra un tavolo di confronto che preveda non il depauperamento bensi' lo sviluppo del settore, a beneficio della qualita' e della continuita' del servizio che Poste Italiane e' tenuta a svolgere a favore dei cittadini italiani".
Com-Sal
(RADIOCOR) 22-06-12 18:14:42 (0313) 5 NNNN

giovedì 21 giugno 2012

Premio di risultato, extra bonus e maternità, qualche chiarimento è d’obbligo.


Dopo la firma dell’accordo, torniamo a parlare di
premio di risultato, per fare chiarezza su alcuni
aspetti, anche alla luce degli articoli usciti su
alcuni quotidiani in questi giorni.
Titoli come “niente premio a chi è in maternità o
malattia” o, anche “non riconosciuto il premio di
produzione di 140 euro alle donne in congedo”
possono comprensibilmente preoccupare  le
lavoratrici e  i lavoratori dell’Azienda. Da qui, la
scelta di riprendere il tema, focalizzandoci in
particolare sull’extra bonus e sulla maternità.
In realtà, il meccanismo di riconoscimento della
quota individuale del premio di risultato continua
a tutelare, come ha sempre fatto, le assenze  per
congedo di maternità ed eventuali periodi di
interdizione anticipata, infortunio sul lavoro,
malattie dovute a patologie di particolare gravità,
ricovero ospedaliero, assistenza a portatori di
handicap, …. Assenze effettuate per una di queste
motivazioni, infatti, non riducono il valore
economico del premio.
Perché, in effetti, i 140 euro non fanno parte del
premio di risultato standard, ma rappresentano
una forma di apprezzamento che  l’accordo
sindacale intende riconoscere a quelle lavoratrici
e a quei lavoratori, e parliamo di oltre 30mila
persone, che sono stati sempre al lavoro.
Chiaramente usufruendo, come tutti, di ferie,
permessi individuali retribuiti (PIR) ed ex festività
soppresse. Qualsiasi altra assenza, a qualsivoglia
titolo,  non dà diritto all’extra bonus ma integra,
viceversa, il valore finale del premio.
Alla maternità, l’Azienda ha sempre riservato
ampia tutela, andando oltre le previsioni di legge.
Per esempio, con l’integrazione dell’indennità di
maternità, che consente di mantenere il 100%
della retribuzione al posto dell’80% riconosciuto
dalla legge e l’integrazione dell’indennità di
congedo parentale che riconosce, per due dei sei
mesi previsti, l’80% della retribuzione a fronte del
30%  di legge.  Inoltre, l’Azienda  va incontro alle
esigenze del genitore che fruisce di permessi per
allattamento, spostandolo  in una sede di lavoro
che si trova nella stessa regione e nel comune di
abituale dimora o comune limitrofo  fino  al
termine della fruizione dei permessi, o comunque
fino al  compimento di un anno di età del
bambino.
Premio di risultato, extra bonus e maternità, qualche
chiarimento è d’obbligoII Edizione Speciale – giugno 2012
Attenzione viene anche riservata alle lavoratrici ex
CTD  riammesse in servizio, alle quali viene
garantito, nel primo anno di vita del bambino, il
mantenimento della sede di lavoro di
assegnazione, anche in caso di non compatibilità
di esigenze organizzative.
In questi anni, l’evoluzione tecnologica ha
permesso di rispondere ai crescenti bisogni di
flessibilità, conciliazione e sicurezza dei
dipendenti. Ne è un esempio significativo il
telelavoro, molto apprezzato dalle donne,  in
particolare dalle mamme, che usufruiscono di un
canale di accesso privilegiato fino agli otto anni di
vita del bambino.  Le donne che rientrano dalla
maternità,  inoltre,  vengono inserite in un
percorso di accompagnamento che, attraverso
interventi di aggiornamento e training on the job,
consente loro di reinserirsi rapidamente nei
processi aziendali. L’azienda sa quanto sia
importante garantire parità di accesso a ruoli
manageriali per raggiungere risultati importanti.
Per questo, stringe relazioni con associazioni che
si  occupano dello sviluppo della managerialità al
femminile per promuovere e stimolare la crescita
professionale delle donne e  sostenerle nel loro
percorso di carriera.
Senza dimenticare altre iniziative dedicate, quali,
per esempio, gli asili nido aziendali, Posteaperte,
parcheggi rosa  riservati alle mamme durante
tutto il periodo della gravidanza,  sistemi
integrativi di sostegno al reddito (Servizi alla
famiglia).

mercoledì 20 giugno 2012

Poste, alla vigilia dell'estate l'azienda effettua alcune nomine (7 Ordini di Servizio)



L'azienda ha reso note alcune nomine conseguenza degli specifici ordini di servizio emanati.
Poste Italiane ha fatto conoscere alcune nomine relative a diverse Funzioni
Corporate sia a livello Centrale, sia Territoriale in diversi ambiti: Mercato Privati,
Grandi Imprese e P.A., Tecnologie, Servizi Postali, Risorse Umane, ecc...
Fra le altre citiamo quelle che si riferiscono a "Risorse Umane Regionali":
• funzione Risorse Umane Regionale Nord Ovest - Massimo Zerbi, referente per le
Risorse Umane Territoriali Liguria
• funzione Risorse Umane Regionale Nord Est - Cynthia Puntar, referente per la
Formazione e Comunicazione Interna
Antonio Rombolà, referente per le Risorse Umane Territoriali Friuli Venezia Giulia
• funzione Risorse Umane Regionale Centro 1- Tiziano Pieraccioni, referente per le
Relazioni Industriali
• funzione Risorse Umane Regionale Centro - Carmela Verde, Account Servizi Postali
• funzione Risorse Umane Regionale Sud - Giovanni Garofalo, referente per le
Risorse Umane Territoriali Calabria.
• funzione Risorse Umane Regionale Sud 1- Giambattista Poli, referente per la
Formazione e Comunicazione Interna
Per quanto concerne le "Filiali" registriamo:
Nord Ovest, Filiale di Alba a Pierangelo Zampese
Filiale di Verbania a Nicola Vittorio Crocè
Lombardia, Filiale di Brescia 2 a Pio Violante
Filiale di Varese a Vincenzo Manzolillo
Sud 1, Filiale di Foggia a Giuseppe Erario
Sud 2, Filiale di Caltanissetta ad Antonio Sferlazzo
Filiale di Catania 1 Città ad Emilio Contrasto
Filiale di Palermo 1 Città a Luciano Tola

Poste: Ferrari (PD) interroga la giunta regionale



Gazzetta di Parma
19 giugno 2012

"Poste Italiane SpA ha annunciato una vasta opera di riorganizzazione degli uffici e del lavoro in azienda che coinvolgerà 5 regioni: Piemonte, Emilia Romagna, Marche, Toscana e Basilicata. Dal 2013 in poi, la “razionalizzazione” delle zone di recapito dovrebbe investire il resto dell’Italia e portare – secondo i sindacati – a qualcosa come 12.000 “esuberi”: entro un anno, ci sarà una vera propria ecatombe per i dipendenti delle Poste, che si ritroveranno disoccupati." Lo afferma in un'interrogazione presentata oggi in Assemblea legislativa il consigliere regionale PD Gabriele Ferrari.
Consigliere PD Gabriele Ferrari
 "In Emilia-Romagna, sottolinea il consigliere PD - Poste Italiane ha deciso un taglio di 466 zone di recapito, che porterà all'esubero di moltissimi postini. La Cisl-Slp parla di un taglio lineare del 15% sulla copertura dei recapiti le cui conseguenze cadranno inevitabilmente sui lavoratori. In tutta la Regione rischiano il posto di lavoro oltre 400 postini, e Parma dovrà subire 50 esuberi. Tutto questo avviene anche se il bilancio 2011 di Poste italiane ha registrato 846 milioni di euro di utili."
 "A dettare la scelta - prosegue Ferrarai nella risoluzione - sarebbe un coefficiente, utilizzato da Poste Italiane SpA per l’organizzazione del lavoro, che tiene conto del volume di corrispondenza, della distanza tra l’ufficio postale e la zona di recapito, dei numeri civici, di quante famiglie e negozi ci sono in zona e del tragitto totale per attraversarla tutta, da una parte all’altra. Si tratta di una scelta industriale che forse renderà più uniforme la distribuzione dei postini, ma che intanto getterà nel panico quasi duemila dipendenti in tutto il paese. L’ultima riorganizzazione aveva già ridotto il personale in regione di 300 unità limitando ogni singolo recapito a 5 giorni alla settimana".
 "Con l'interrogazione presentata oggi - conclude Ferrari - chiedo alla Giunta regionale se è al corrente della situazione e se quanto denunciato dai sindacati corrisponde al vero. Chiedo inoltre se non ritenga di attivarsi in tutte le sedi più opportune per scongiurare le ricadute sul livello occupazionale della regione e perché sia chiarito e mitigato l’impatto della riorganizzazione sulle aree colpite dal sisma."



Grosseto: Poste Italiane con altri sette uffici a orario ridotto


LA NAZIONE GROSSETO
Servizi e disservizi
La direzione ha presentato il piano organizzativo per il periodo estivo in tutta la provincia
Poste (foto Ansa)
Poste (foto Ansa)
Grosseto, 20 giugno 2012 - SONO SETTE gli uffici postali che subiranno una riduzione dei giorni di apertura nel periodo estivo e benché questa volta non siano annuciate chiusure vere e proprie il progetto presentato dalla Direzione delle Poste resta materia scottante. Almeno per il sindacato Failp Cisal, presente alla riunione con i vertici provinciali di Poste Italiane con Orietta Brizzi, Carolina Tiso (entrambe della Rsu) e Pasquale Pasquinelli (della segreteria provinciale).
Il piano presentato dall’azienda prevede una contrazione delle aperture per tutto il prossimo mese di agosto degli uffici di Arcille (resterà aperto ogni lunedì, mercoledì e venerdì, oltre a sabato 18 agosto), Montenero (lunedì, mercoledì, venerdì e il martedì 14 agosto), Montemerano (lunedì, mercoledì, venerdì e il sabato 18 agosto), Roccatederighi (martedì, giovedì e sabato), Sassofortino (lunedì, mercoledì e venerdì, poi giovedì 2 e martedì 14 agosto), Bagnolo (martedì, giovedì e sabato, più mercoledì 1 agosto) e Murci (martedì, giovedì e sabato) e la decisione, dice la Failp Cisal, è avvenuta «eludendo ancora una volta i passaggi relazionali», tanto che l’incontro di lunedì è avvenuto solo inseguito a una richiesta formale del sindacato. «L’Azienda — dicono i rappresentanti Failp Cisal — non convoca i sindacati da circa un anno, nonostante si stiano decidendo riorganizzazioni importanti su molti servizi postali, compreso quello dei portalettere che porterà a una riduzione del loro numero. Quanti in meno a Grosseto non è ancora possibile saperlo, ma si parla di interventi consistenti, basti pensare che in Toscana l’organico sarà ridotto di 172 unità».
E NON E’ FINITA. La Direzione ha già informato i sindacati che a breve si dovrà partire con un nuovo progetto di riorganizzazione degli uffici postali, e questo non è un segnale che la Failp Cisal intende leggere in maniera positiva. Se non altro perché, fino a oggi, il termine «riorganizzazione» è sempre coinciso con uffici da chiudere. «Da due anni a questa parte, ad esempio — ricordano Brizzi, Tiso e Pasquinelli —, la riduzione delle aperture annunciate per il solo periodo estivo si è poi trasformata nell’orario normale, mantenuto cioè anche per il resto dell’anno. E comunque non è possibile da una parte sostenere che durante l’estate alcuni uffici possono ridurre le aperture perché il lavoro è minore e, dall’altra, non aumentare l’offerta in quelle località turistiche (come Castiglione, ad esempio) dove la popolazione aumenta a dismisura. Ecco, l’Azienda non ha mai ascoltato queste nostre indicazioni e, anzi, ancora oggi è assente un piano strategico complessivo. E poi troviamo assurdo fare certe scelte senza tenere conto della produttività degli uffici effettuando interventi su sportelli virtuosi e produttivi. Anche perché la riduzione di offerta ha come primo effetto la perdita di fidelizzazione della clientela, quindi ricadute negative sulla produttività».
di LUCA MANTIGLIONI

Poste italiane dona materiale didattico


Libri, quaderni e cancelleria destinati ai piccoli ospiti delle aree di accoglienza modenesi

Poste Italiane sta consegnando in questi giorni materiale didattico e ludico alle associazioni di volontariato che operano in collaborazione con la Protezione Civile nelle zone del modenese colpite dal sisma.
L’iniziativa consiste nella raccolta di articoli di cancelleria, quaderni, giochi di società e libri, destinati appunto alle attività di ricreazione di bambini e ragazzi ospitati nelle aree di accoglienza. Alla destinazione finale penserà la Protezione Civile di Modena.
Sarà infatti cura del Coordinamento dei Volontari Modenesi organizzare, presso il centro di raccolta di Marzaglia, la distribuzione e fornire il materiale utile alle attività ricreative promosse per il ragazzi all’interno delle 13 aree del Modenese.
L’attività a favore dell’assistenza ai ragazzi ospitati nei centri di accoglienza modenesi ha trovato il sostegno dei tanti volontari che, già dai primi giorni dell’evento sismico che ha colpito l’Emilia, si sono attivati nei campi di accoglienza a favore dei piccoli ospiti.
Poste Italiane con questa iniziativa conferma l’attenzione ai progetti di interesse collettivo, sviluppando un impegno continuo attraverso azioni di responsabilità sociale.
(20 giugno 2012)

martedì 19 giugno 2012

Poste: Slc Cgil, da riorganizzazione temiamo oltre 10mila tagli



Miceli: "Esuberi piu' esodati miscela esplosiva" (Il Sole 24 Ore Radiocor) - Roma, 19 mag - "Dalla riorganizzazione del settore recapito di Poste Italiane temiamo oltre 10mila esuberi in tutta Italia". Lo dichiara a Radiocor Emilio Miceli, segretario della Slc Cgil, sottolineando i rischi per l'azienda, e conseguente per il sistema Paese, a cui si andrebbe incontro qualora Poste Italiane dovesse andare avanti con il piano di tagli di 1.800 persone in cinque Regioni italiane (Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Marche e Basilicata) tra portalettere e impiegati nella lavorazione della posta. "Abbiamo chiesto all'azienda - prosegue Miceli - di restare ferma. Credo che una ristrutturazione come quella annunciata renda piu' drammatica una situazione che e' gia' dolorosa. Gli esuberi sommati agli esodati formerebbero una miscela esplosiva che rischia di far diventare Poste Italiane uno dei nodi piu' caldi del Paese". Secondo Miceli "la sensazione che da' il management e' di essere in preda alla confusione, non riesce a indicare prospettive certe". Quando la riorganizzazione arrivera' anche il Sud Italia, per il segretario della Slc Cgil gli iniziali 1.800 tagli potrebbero diventare oltre diecimila in tutto il territorio nazionale. Sim
-
(RADIOCOR) 19-06-12 12:50:26 (0154) 5 NNNN

domenica 17 giugno 2012

Assunzioni in Poste Italiane: dal 1 luglio 2012 tornano i contratti a tempo determinato.


17 giugno 2012

Assunzioni per portalettere e addetti allo smistamento, da inserire con contratti a tempo determinato, dal 1 luglio al 30 settembre o dal primo luglio al 31 ottobre.
 
i contratti dei portalettere di Poste Italiane scadranno ufficialmente il 30 giugno prossimo.

Poste Italiane comunicherà il contingente agli organi sindacali nei prossimi giorni. 

Requisiti per l’assunzione: il portalettere deve avere non più di 35 anni, essere in possesso del diploma di scuola superiore (conseguito con una votazione pari o superiore a 70/100), avere la patente di guida categoria B e idoneo alla conduzione dei motorini di cilindrata 125.

I candidati affronteranno una prova di guida e un corso minimo di sicurezza, della durata di non più di 3-4 ore, previsto dalle regole del codice stradale e dalle nuove disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro.



Lo stipendio è di circa di 1.100 euro mensili che può salire in caso di straordinari, inoltre è previsto dal contratto di lavoro un buono pasto giornaliero di cinque euro, la liquidazione, tredicesima e quattordicesima commisurate naturalmente al periodo lavorativo trascorso.

Tutti gli interessati alle opportunità messe a disposizione da Poste Italiane possono già inviare il proprio curriculum vitae all’azienda di corrispondenza pubblica, che sul proprio sito lascia sempre aperto un canale di candidature spontanee.

La registrazione online è al momento l’unica strada percorribile. Per questo è necessario collegarsi direttamente con il sito di Poste, www.poste.it, cliccare sulla voce: “Chi siamo” e successivamente “Lavora con noi”.

sabato 16 giugno 2012

13 giugno 2012 - Interrogazione in Commissione alla Camera sulla ditte appaltatrici per i servizi di pulizia degli uffici postali che pagano con molto ritardo le retribuzioni e riducono il numero delle ore di lavoro dei lavoratori


Atto Camera

Interrogazione a risposta in Commissione 5-07065
presentata da
MARIALUISA GNECCHI
mercoledì 13 giugno 2012, seduta n.649

GNECCHI, DAMIANO, CODURELLI, GATTI, MADIA, RAMPI, BOCCUZZI, BOBBA e VELO. - 
Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze.
 - Per sapere - premesso che:

è stato sottoscritto nel 2011, quale parte integrante del CCNL del settore, un protocollo di intesa, con le organizzazioni sindacali di categoria, sulla disciplina dei rapporti della società PosteItaliane con le aziende appaltatrici e che prevede la vigilanza della società committente Poste, sui comportamenti delle ditte appaltatrici soprattutto in esito al rispetto del contratto di lavoro e delle norme sulla sicurezza sul lavoro;

nella realtà che viene invece rappresentata, molte ditte appaltatrici, pagano con molto ritardo le retribuzioni e riducono il numero delle ore e si verificano molti casi di lavoratrici dipendenti, che vengono passate in modo unilaterale da 15 a 8 ore settimanali di contratto;

risulterebbe anche che le Poste Italiane stiano assegnando i nuovi appalti di servizi di pulizia degli uffici postali, non solo tagliando drasticamente il numero delle ore, ma anche con ribassi di offerta significativi rispetto alla base prevista dai bandi;

nello specifico, in alcune situazioni, si starebbe passando da 3 passaggi di 45 minuti degli addetti alla pulizia a settimana in ogni ufficio postale, a 20 minuti una volta a settimana;

questo drastico taglio di servizi di pulizia messi in appalto dalle Poste ricade pesantemente sui lavoratori, che in questo settore sono particolarmente donne;

le Poste Italiane sono a totale partecipazione pubblica e dovrebbero ancora di più, oltre agli obblighi di legge, adottare comportamenti ispirati alla responsabilità sociale -:
On. Marialuisa Gnecchi

se non ritenga il Governo di assumere le iniziative di competenza nei confronti dell'azienda affinché rispetti il succitato protocollo, soprattutto per le modalità di assegnazione degli appalti, e le garanzie contrattuali per i lavoratori e le lavoratrici.(5-07065)

13 giugno 2012 - Interrogazione al Senato sui servizi postali di spedizioni e recapiti e sulla liberalizzazione del settore mai realizzata del tutto.


Atto Senato

Interrogazione a risposta scritta 4-07699
presentata da
ALESSIO BUTTI
mercoledì 13 giugno 2012, seduta n.742
BUTTI - Al Ministro dello sviluppo economico - Premesso che:
il settore delle spedizioni e recapiti postali sta vivendo un momento molto delicato;
la crisi economica sta toccando anche uno dei settori più efficienti delle piccole e medie imprese italiane, a causa di una liberalizzazione del settore mai realizzata del tutto;
inoltre, il calo effettivo della corrispondenza dovuto in parte alle inevitabili nuove tecnologie, e-mailin primis, - e l'annunciata partnership con Poste Italiane mai veramente decollata, stanno contribuendo ad acuire una contingenza economica già difficile;
Poste italiane ha ridotto i bandi, in particolare per le raccomandate, mettendo di fatto in difficoltà le agenzie di recapito; l'interrogante ha raccolto le forti preoccupazioni rappresentate dalle categorie interessate;
le agenzie di recapito naturalmente non hanno nessuna finalità sostitutiva rispetto a PosteItaliane che fornisce un servizio universale; l'obiettivo infatti è puntare ad una compiuta partnership per fornire un servizio di qualità;
le risorse per i bandi di gara sono state tagliate del 50 per cento e si rischia di far completamente sparire il recapito alterativo; il settore del recapito postale privato conta attualmente circa 1.500 occupati; anche se una riduzione dei volumi di posta era prevedibile, tuttavia, esistono mercati alternativi, come quello della pubblicità, non ancora valorizzati a dovere,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza delle istanze rappresentate dalle associazioni di categoria del settore postale e se non ritenga opportuno promuovere l'istituzione di un tavolo di confronto che faccia il punto rispetto alle richieste di un settore di eccellenza ma in forte sofferenza, che svolge un servizio altamente tecnologico e capillare sul territorio nazionale;
se non ritenga opportuno prevedere misure normative ad hoc in occasione dell'imminente approvazione in Consiglio dei ministri del cosiddetto decreto sviluppo.
(4-07699)

venerdì 15 giugno 2012

Togliere il "Bollino Rosa S.O.N.O. - Stesse Opportunità Nuove Opportunità" a Poste Italiane? Interrogazione in Commissione alla Camera dei Deputati.


Atto Camera

Interrogazione a risposta in Commissione 5-07091
presentata da
TERESA BELLANOVA
giovedì 14 giugno 2012, seduta n.650
On. Teresa Bellanova

BELLANOVA, SIRAGUSA, GATTI, CODURELLI, MATTESINI, SCHIRRU, GNECCHI e RAMPI. - 
Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
 - Per sapere - premesso che:

all'interrogante risulta che nella giornata del 12 giugno 2012 sia stato siglato da Poste Italianespa da UilPoste, Failp-Cisal, ConfsalCom e UglCom un accordo separato con il quale vengono fortemente penalizzate le donne in maternità. Le future mamme, difatti, al pari dei lavoratori in infortunio, dei malati oncologici e di gravi altre patologie e di chi subisce ricoveri in ospedale, non avranno da oggi più diritto al bonus presenza pari a 140 euro annui;

l'interrogante è a conoscenza che le responsabili del Coordinamento nazionale donne, di Sic Cgil e Slp Cisl, hanno inviato al Ministro interrogato una lettera per evidenziare il grave atto discriminatorio che il sopracitato accordo produrrebbe;

nella missiva si legge, difatti, che «il 53 per cento del personale di Poste Italiane è composto da donne e l'azienda ha ricevuto nel 2007 il "Bollino Rosa S.O.N.O. - Stesse Opportunità Nuove Opportunità" promosso dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale [...] L'astensione obbligatoria per maternità viene equiparata infatti (insieme all'infortunio sul lavoro!) all'assenza per malattia e, a meno che la lavoratrice interessata non decida di violare la Legge e di presentarsi al lavoro anche quando è OBBLIGATA a stare a casa, perderà 140 euro di salario. Noi ricordiamo che il Progetto "Bollino Rosa S.O.N.O. - Stesse Opportunità Nuove Opportunità" aveva la finalità di comprendere il complesso fenomeno dei differenziali retributivi che colpiscono le lavoratrici in ampi segmenti del mercato del lavoro e "certificava" le buone prassi in termini di strategie e pratiche aziendali tendenti alla valorizzazione della presenza e delle competenze femminili. Questo evidentemente non avviene più dentro Poste Italiane»;

la sopracitata lettera si conclude con un invito al Ministro a far sì che si possa «revocare l'immeritato riconoscimento e di voler considerare la gravità dell'atto compiuto in termini di "cattivo esempio" per quelle aziende che, pur non essendo paragonabili per storia, dimensioni e risorse a Poste Italiane, contribuiscono ogni giorno ad una reale valorizzazione delle politiche di Pari Opportunità» -:

quali iniziative il Ministro, alla luce di quanto esposto in premessa, intenda assumere per evitare che le donne siano penalizzate da un accordo ingiusto che condanna la donna a scegliere tra progetti di maternità e di lavoro, e che rischia seriamente di creare emulazioni in altri contesti lavorativi, allargando in tal senso la platea di donne soggette a questa iniquità. (5-07091)

SULLA INTOLLERABILE DISCRIMINAZIONE SUL MANCATO BONUS ALLE FUTURE MAMME DI POSTE ITALIANE, IERI 14 GIUGNO 2012, E' STATA PRESENTATA UNA INTERESSANTE INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE DALL' ON. LUCIA CODURELLI.

Atto Camera

Interrogazione a risposta in Commissione 5-07096
presentata da
LUCIA CODURELLI
giovedì 14 giugno 2012, seduta n.650
On. Lucia Codurelli

CODURELLI, GNECCHI, CONCIA, ALBINI e RAMPI. -
Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
 - Per sapere - premesso che:

l'articolo 3 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 «Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53» (divieto di discriminazione) recita:

«1. È vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l'accesso al lavoro indipendentemente dalle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività, a tutti i livelli della gerarchia professionale, attuata attraverso il riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza, secondo quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 1 della legge 9 dicembre 1977, n. 903.
2. È vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda le iniziative in materia di orientamento, formazione, perfezionamento e aggiornamento professionale, per quanto concerne sia l'accesso sia i contenuti, secondo quanto previsto dal comma 3 dell'articolo 1 della legge 9 dicembre 1977, n. 903.
3. È vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda la retribuzione, la classificazione professionale, l'attribuzione di qualifiche e mansioni e la progressione nella carriera, secondo quanto previsto dagli articoli 2 e 3 della legge 9 dicembre 1977, n. 903»;

l'articolo 22 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 «Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53» [trattamento economico e normativo (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 6, 8 e 15, commi 1 e 5; legge 9 dicembre 1977, n. 903, articolo 3, comma 2; decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, articolo 6, commi 4 e 5)] recita:

«1. Le lavoratrici hanno diritto ad un'indennità giornaliera pari all'80 per cento della retribuzione per tutto il periodo del congedo di maternità, anche in attuazione degli articoli 7, comma 6, e 12, comma 2.
2. L'indennità è corrisposta con le modalità di cui all'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, ed è comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia.
3. I periodi di congedo di maternità devono essere computati nell'anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie.
4. I medesimi periodi non si computano ai fini del raggiungimento dei limiti di permanenza nelle liste di mobilità di cui all'articolo 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223, fermi restando i limiti temporali di fruizione dell'indennità di mobilità. I medesimi periodi si computano ai fini del raggiungimento del limite minimo di sei mesi di lavoro effettivamente prestato per poter beneficiare dell'indennità di mobilità.
5. Gli stessi periodi sono considerati, ai fini della progressione nella carriera, come attività lavorativa, quando i contratti collettivi non richiedano a tale scopo particolari requisiti.
6. Le ferie e le assenze eventualmente spettanti alla lavoratrice ad altro titolo non vanno godute contemporaneamente ai periodi di congedo di maternità.
7. Non viene cancellata dalla lista di mobilità ai sensi dell'articolo 9 della legge 23 luglio 1991, n. 223, la lavoratrice che, in periodo di congedo di maternità, rifiuta l'offerta di lavoro, di impiego in opere o servizi di pubblica utilità, ovvero l'avviamento a corsi di formazione professionale»;

l'azienda Poste Italiane e le sigle sindacali UilPoste, Failp-Cisal, ConfsalCom e UglCom (organizzazioni sindacali che insieme rappresentano il 22 per cento delle lavoratrici e dei lavoratori di Poste) hanno firmato un accordo separato con il quale vengono fortemente penalizzate le donne in maternità;

il 53 per cento del personale di Poste Italiane è composto da donne;

l'accordo separato toglierebbe 140 euro di bonus alle future mamme, equiparando così l'astensione obbligatoria per maternità (insieme all'infortunio sul lavoro) all'assenza per malattia. Le future mamme, infatti, al pari dei lavoratori in infortunio, dei malati oncologici e di gravi altre patologie e di chi subisce ricoveri in ospedale, non avranno da oggi più diritto al bonus presenza pari a 140 euro annui, a meno che la lavoratrice interessata non decida di violare la legge e di presentarsi al lavoro anche quando è obbligata a stare a casa;

l'Unione europea aveva proclamato il 2007 «anno contro le discriminazioni di genere, razza e origine etnica, religione, convinzioni personali, handicap, età e orientamento sessuale». E nell'ambito delle iniziative nazionali per l'anno europeo contro le discriminazioni il Ministero del lavoro e delle politiche sociali aveva promosso un progetto detto «bollino rosa» volto a sviluppare interventi di politica attiva per l'occupazione di qualità delle donne, per l'emersione del lavoro non regolare e per la rimozione di ostacoli e discriminazioni che determinano differenze salariali di genere nel mondo del lavoro;

le rappresentanti sindacali del coordinamento nazionale donne Slc Cgil e Slp Cisl hanno inviato al Ministro interrogato una lettera con la quale viene chiesta la revoca del «bollino rosa S.O.N.O.», assegnato all'azienda dallo stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali nel 2007 per le politiche di non discriminazione e di valorizzazione delle competenze femminili;

appare grave il comportamento di Poste Italianeancor più perché trattasi di azienda partecipata dallo Stato, quello stesso Stato che approva leggi a tutela della maternità e contro le discriminazioni e che dovrebbe quindi controllarne l'applicazione -:

come pensi di intervenire con urgenza per sanare questa intollerabile discriminazione che ancora una volta colpisce le donne;

quali iniziative intenda assumere oltre alla revoca del «bollino rosa» come richiesto dalle suddette organizzazioni sindacali, nei confronti dell'azienda affinché si cancelli questa norma discriminatoria, al fine anche di evitare inaccettabili emulazioni da parte di altre aziende. (5-07096)

giovedì 14 giugno 2012

Cassazione Civile, Sez. Lav., n.5241/ 2012, - La clausola di apposizione del termine al contratto di lavoro da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi è nulla per contrarietà a norma imperativa.



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FABRIZIO MIANI CANEVARI - Presidente
Dott. VITTORIO NOBILE - Consigliere
Dott. PIETRO CURZIO - Consigliere
Dott. ROSSANA MANCINO - Rel. Consigliere
Dott. IRENE TRICOMI - Consigliere

ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 3486-2010 proposto da:
A A elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.GENTILE 8, presso lo studio dell'avvocato             , rappresentato e difeso dall'avvocato                      , giusta delega in atti
ricorrente

contro POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell'avvocato TRIFIRO' SALVATORE, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 747/2009 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 26/09/2009 r.g.n. 800/08; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/03/2012 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;
udito l'Avvocato ANNA BUTTAFOCO per delega TRIFIRO' SALVATORE ;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il rigetto del ricorso.



Fatto

1. Con sentenza del 26 settembre 2009 la Corte d'Appello di Milano respingeva il gravame svolto da A.A. contro la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta nei confronti della s.p.a Poste italiane per la dichiarazione della nullità del termine apposto ai contratti stipulati inter partes.
2. Il lavoratore deduceva legittimità del termine apposto ai contratti di lavoro stipulati per esigenze sostitutive di personale assente con diritto alla conservatone del posto, dal 22.12.2003 a 31.3.2004, dall'11.11.2004 al 31.1.2005 e dal 2.5.2005 al 4.6.2005. per la genericità della causale sostituiva, la mancata indicazione del nome dei lavoratori istituiti e perché stipulati nonostante il divieto di procedere ad assunzioni a termine nelle sedi di lavoro ove non era stata effettuata la valutazione dei rischi.

3. Il primo Giudice respingeva la domanda e il lavoratore proponeva gravame anche per l'omessa pronuncia sulle conseguenze della mancata valutazione dei rischi negli uffici di destinazione.
La Corte territoriale rilevava che i contratti contenevano l'indicazione delle ragioni giustificatrici dell'apposizione del termine, specificando la causale della sostituzione (sostituzione di personale assente con diritto alla conservazione del posto), l'ambito territoriale (Varano Borghi, Gavirate, Besozzo), il tipo di mansioni (addetto al recapito) ed il periodo di sostituzione e che la società avesse dato indicazioni specifiche sulle sostituzioni effettuate negli uffici lombardi in relazione a ciascuno dei tre contratti, confermate dal testimoniale e acquisito alla causa; che, soprattutto per il secondo contratto, le molteplici sostituzioni in diversi uffici non determinavano l'illegittimità del termine essendosi comunque trattato di sostituzioni nell'ambito della filiale di Varese, in ufficio di piccole dimensioni, ove non erano risultate scoperture d'organico; infine, quanto al divieto di procedere ad assunzioni a termine nelle sedi di lavoro ove non era stata effettuata la valutazione dei rischi, che la relativa disposizione non prevedeva l'effetto di conversione del rapporto a tempo indeterminato preteso dal lavoratore.

5 Avverso l'anzidetta sentenza detta Corte territoriale, A.A. ha proposto ricorso per cassazione fondato su tre motivi. L'intimata ha resistito con controricorso.
Diritto

6. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicatone dell'art. 1362 cc. e dell'art. 1, co.2 d.lgs. 368/2001 in relazione all'art. 12 delle preleggi e alla Direttiva 1999/70 e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.
Il ricorrente si duole che la corte di merito non abbia ritenuto non assolto dalla società l'onere di specificazione della causale, prescritto dal d.lgs. n.368 cit., atteso il riferimento, nei contratti stipulati tra le parti, alla sola area geografica dell'intera Lombardia ed in considerazione della mancata indicazione del nominativo dei dipendenti assenti sostituiti.
7. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente, denunciando violazione degli artt. 115,116 e 416 c.p.e. e 2697 cc. errata interpretazione di un fatto rilevante ai fini della decisione della
controversia e omessa e contraddittoria motivazione, censura l'erronea interpretazione delle risultanze istruttorie da parte della Corte territoriale riproponendo, expressis verbis, le medesime censure sollevate nell'atto di gravame avverso la decisione di prime cure.

8. Esaminati i motivi in unico contesto, in ragione del collegamento tra di essi esistente, deve premettersi che il d.lgs. n. 368 del 2001, recante attuazione della Direttiva 1999/70 CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES, costituisce la nuova ed esclusiva fonte regolatrice del contratto di lavoro a tempo determinato, in sostituzione della L. n. 230 del 1962 e della successiva legislazione integrativa.
9 Il preambolo della citata Direttiva 1999/70, premesso che con la risoluzione del 9 febbraio 1999 il Consiglio dell'Unione europea ha invitato le parti sociali a tutti i livelli "a negoziare accordi per modernizzare l'organizzazione del lavoro, comprese forme flessibili di lavoro al fine di rendere le imprese produttive e competitive e di realizzare il necessario equilibrio tra la flessibilità e la sicurezza, evidenzia che l'accordo quadro m questione stabilisce principi generali e requisiti minimi con l'obiettivo di migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo l'applicazione del principio di non discriminazione, nonché di creare un quadro per la prevenzione degli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato". Per tale ragione, accogliendo la richiesta delle parti sociali stipulanti e su proposta della Commissione europea, il Consiglio, a norma dell'art. 4 dell'accordo sulla politica sociale - ora inserito nel trattato istitutivo della Comunità europea -, ha emanato la direttiva in questione, imponendo agli Stati membri di conformarsi ad essa, adottando "tutte le prescrizioni necessarie per essere sempre in grado di garantire i risultati prescritti" (art. 2).
10. Il legislatore nazionale, nell'adempiere all'obbligo comunitario, ha emanato il d.lgs. n. 368 del 2001, il quale nel testo originano, vigente all'epoca dei contratti ora in questione, all'art. 1, comma 1, prevede, al comma 1, che "è consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo" e, al comma 2, che "l'apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al comma 7".
11. E' stata altresì prevista, contestualmente all'entrata in vigore del citato d.lgs. n. 368, l'abrogazione della L. n. 230 del 1962, della L. n. 79 del 1983, art. 8 bis, della L. n. 56 del 1987, art. 23 e di tutte le disposizioni di legge incompatibili (art. 11, comma 1).

12. Il quadro normativo che emerge è, dunque, caratterizzato dall'abbandono del sistema rigido previsto dalla L. n. 230 del 1962 - che prevedeva la tipizzazione delle fattispecie legittimanti, sistema peraltro già oggetto di ripensamento come si evince dalle disposizioni di cui alla L n. 79 del 1983 e alla L n. 56 del 1987, art. 23 - e dall'introduzione di un sistema articolato per clausole generali, in cui l'apposizione del termine è consentita a fronte di "ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzammo o sostitutivo".

13. Tale sistema, al fine di non cadere nella genericità, impone al suo interno un fondamentale criterio di razionalizzazione, costituito dal già rilevato obbligo per il datore di lavoro di adottare l'atto scritto e di specificare, in esso, le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo adottate.

14. Nel caso dì specie, alla stregua dei motivi di ricorso, va stabilito come debba essere configurato sul piano giuridico il concetto di specificazione con riferimento all'ipotesi in cui il datore di lavoro abbia adottato la causale dell'apposizione del termine in ragioni di carattere sostitutivo.

15. Come già rilevato, l'onere di specificazione della causale nell'atto scritto costituisce una delimitazione della facoltà, riconosciuta al datore di lavoro, di far ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato per soddisfare esigenze aziendali (di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o aziendale), a prescindere da fattispecie predeterminate, con l'evidente scopo di evitare l'uso indiscriminato dell'istituto, imponendo riconoscibilità e verificabilità della motivatone addotta fin dal momento della stipula del contratto.

16. Proprio il venir meno del sistema delle fattispecie legittimanti impone che il concetto di specificità sia collegato a situazioni aziendali non più standardizzate ma obiettive, con riferimento a realtà specifiche in cui il contratto viene ad essere calato. Il concetto di specificità in questione risente, dunque, di un certo grado di elasticità che, in sede di controllo giudiziale, deve essere valutato dal giudice secondo criteri di congruità e ragionevolezza.

17. Con riferimento specifico alle ragioni di carattere sostitutivo, pertanto, il contratto a termine se in una situazione aziendale elementare è configurabile, come strumento idoneo a consentire la sostituzione di un singolo lavoratore addetto a specifica e ben determinata mansione, allo stesso modo in una situazione aziendale complessa è configurabile come strumento di inserimento del lavoratore assunto in un processo in cui la sostituzione sia riferita non ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica che sia occasionalmente scoperta.

18. In quest'ultimo caso, il requisito della specificità può ritenersi soddisfatto non tanto con l'indicazione nominativa del lavoratore o dei lavoratori sostituiti, quanto con la verifica della corrispondenza quantitativa tra il numero dei lavoratori assunti con contratto a termine per lo svolgimento di una data funzione aziendale e le scoperture che per quella stessa funzione si sono realizzate per il periodo dell'assunzione.

19. Questa Corte non ignora la sentenza della Corte costituzionale n. 214 del 2009, la quale, nel dichiarare non fondata la questione di costituzionalità del d.lgs. n. 368 cit., art. 1, commi 1 e 11, afferma che l'onere di specificazione previsto dal comma 2 dello stesso art. 1 impone che, tutte le volte in cui l'assunzione a tempo determinato avvenga per soddisfare ragioni di carattere sostitutivo, risulti per iscritto anche il nome del lavoratore sostituito e la causa della sua sostituzione.
20. In tema di effetti delle sentenze interpretative di rigetto della Corte costituzionale sull'interpretazione delle leggi da parte del giudice ordinano, questa Corte (cfr., in particolare, Cass. 166/2004) ha, invero, affermato che, ove il Giudice delle leggi, nel ritenere non infondato il denunciato vizio di incostituzionalità di una certa disposizione nell'interpretazione non implausibile fornitane dal giudice del merito, indichi una possibile, diversa interpretazione della stessa disposizione conforme a Costituzione, tale interpretazione adeguatrice non interferisce con il controllo dì legittimità rimesso alla Corte di legittimità ed il suo effetto vincolante per i giudici ordinari e speciali, non esclusa la Corte di Cassazione, riguarda soltanto il divieto di accogliere quell'interpretazione che la Corte costituzionale ha ritenuto, sia pure con una pronuncia di infondatezza della questione di legittimità costituzionale sottoposta al suo esame, viziata.

21. Nel caso di specie il passo della sentenza della Corte costituzionale sopra citato dev'essere letto nel contesto argomentativo in cui esso è stato formulato. Al passo estrapolato segue, infatti, la precisazione che "considerato che per ragioni sostitutive si debbono intendere motivi connessi con l'esigenza di sostituire uno o più lavoratori, la specificazione di tali motivi implica necessariamente anche l'indicazione del lavoratore o dei lavoratori da sostituire e delle cause della loro sostituzione; solamente in questa maniera, infatti, l'onere che il d.lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2 impone alle parti che intendano stipulare un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato può realizzare la propria finalità, che è quella di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa dell'apposizione del termine e l'immodificabilità della stessa nel corso del rapporto".

22. Tale precisazione sta a indicare che, nell'illimitata casistica che offre la concreta realtà aziendale, accanto a fattispecie elementari in cui è possibile individuare fisicamente il lavoratore o i lavoratori da sostituire, esistono organizzazioni complesse in cui la stessa indicazione non è possibile e "l'indicazione del lavoratore o dei lavoratori" deve passare necessariamente attraverso la "specificazione dei motivi", mediante l'indicazione di criteri che, prescindendo dall'individuazione delle persone, siano tali da non vanificare il criterio selettivo che richiede la norma.

23. Così intesa la sentenza della Corte costituzionale, l'opzione interpretativa offerta da questo Collegio e pienamente coerente con quella offerta dalla sentenza in questione che, per l'autorevolezza della fonte da cui proviene, costituisce un contributo ermeneutico delta massima importanza.

24. Dunque, per concludere sul punto, l'apposizione del termine per "ragioni sostitutive" è legittima se l'enunciazione dell'esigenza di sostituire lavoratori assenti - da sola insufficiente ad assolvere il predetto onere di specificazione - risulti integrata dall'indicazione di elementi ulteriori (quali, l'ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorché non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità circa la sussistenza effettiva del presupposto di legittimità prospettato.

25. Nel caso di specie appare congrua la parametrazione effettuata dal giudice di merito, che ha ritenuto esistente il requisito della specificità con l'indicazione nell'atto scritto della causale sostitutiva, del termine iniziale e finale del rapporto, del luogo di svolgimento della prestazione a termine, dell'inquadramento e delle mansioni del personale da sostituire.
26. In questo caso appare, infatti, rispettato quel criterio di elasticità che la nuova formulazione della norma di legge impone, pur nell'ambito di una parametrazione concettuale con riferimento all'ambito territoriale di riferimento, al luogo della prestazione lavorativa, alle mansioni del lavoratore (o dei lavoratori) da sostituire e, ove necessario in relazione alla situazione aziendale descritta, il diritto del lavoratore sostituito alla conservazione del posto.

27. L'accertamento effettuato, al riguardo, dal giudice di merito appare logicamente articolato e correttamente motivato ed è, pertanto, in questa sede incensurabile.
28. 1 primi due motivi sono, pertanto, infondati e debbono essere rigettati.

29. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente, denunciando violazione dell'art. 3, d.lgs. 368/2001, censura la statuizione della Corte territoriale per aver escluso la conversione del rapporto in rapporto a tempo indeterminato sulla base del rilievo che la disposizione che vieta di procedere ad assunzioni a termine nelle sedi ove non sia stata effettuata la valutazione dei rischi non prevede, altresì, detto effetto. Assume il ricorrente che l'opzione ermeneutica della corte territoriale nel senso della trasformazione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro solo per il termine illegittimo, tratterebbe in modo diverso, escludendo la conversione, la condotta di maggior gravità, qual è la violazione del citato art. 3.

30. Il motivo è meritevole di accoglimento.
31. L'art 3 del decreto legislativo n. 368 ha introdotto una quadruplice serie di divieti all'apposizione del termine al contratto di lavoro subordinato, così rafforzando il peculiare disvalore che connota le assunzioni a termine effettuate in violazione degli specifici divieti stabiliti a protezione di interessi intensamente qualificati sul piano costituzionale, e limitando l'autonomia negoziale delle parti nella stipulazione del contratto di lavoro a termine.

32. Il disvalore legislativo, sancito con il divieto a contrarre, viene, nella specie, in considerazione con riferimento al divieto all'apposizione del termine "da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni" [art. 3, lett. d), d.lgs. n.368 cit].

33. La specificità del precetto, alla stregua del quale la valutazione dei rischi assurge a presupposto di legittimità del contratto, trova la ratio legis nella più intensa protezione dei rapporti dì lavoro sorti mediante l'utilizzo di contratti atipici, flessibili e a termine, ove incidono aspetti peculiari quali la minor familiarità del lavoratore e della lavoratrice sia con l'ambiente di lavoro sia con gli strumenti di lavoro a cagione della minore esperienza e della minore formazione, unite alla minore professionalità e ad un'attenuata motivazione, come con dovizia emerge dal rapporto OIL, del 28 aprile 2010, Rischi emergenti e nuove forme dì prevenzione in un mondo del lavoro che cambia.

34. Né va sottaciuto che la disposizione de qua costituisce l'armonizzazione, nell'ordinamento italiano, della regola del necessario equilibrio tra flessibilità e sicurezza cui è improntato il 5° considerando dell'Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla direttiva di attuazione e recepimento 1999/70/CE del 28 giugno 1999, recante espressamente l'invito del Consiglio europeo alle parti sociali a negoziare accordi per "modernizzare l'organizzazione del lavoro, comprese formule flessibili di lavoro, onde rendere produttive e competitive le imprese e raggiungere il necessario equilibrio tra la flessibilità e la sicurezza" (pur richiamato nel § 9 che precede).

35. La valorizzazione della protezione del lavoratore e della lavoratrice con minor familiarità con l'ambiente di lavoro è, del resto, in consonanza con quanto già da questa Corte riaffermato con riferimento alla peculiare pregnanza degli obblighi di sicurezza nei confronti dei lavoratori meno esperti. Invero, le norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, preordinate ad impedire l'insorgere di pericoli, anche eventuali e remoti in qualsiasi fase del lavoro, sono dirette a tutelare il lavoratore anche contro gli incidenti derivanti da un suo comportamento colposo e dei quali, conseguentemente, l'imprenditore è chiamato a rispondere per il semplice fatto del mancato apprestamento delle idonee misure protettive, pure in presenza di condotta imprevidente e negligente del lavoratore, tali disposizioni, e gli obblighi correlati, assumono peculiare pregnanza nei confronti, ad esempio, degli apprendisti (v., fra le altre, Cass. 11622/2007).

36. A fronte di tale pregnante obbligo di sicurezza verso i lavoratori con minor esperienza e familiarità verso l'ambiente di lavoro, l'ordinamento, in limine, esprime il proprio disvalore verso l'inosservanza degli adempimenti in tema di sicurezza dei luoghi di lavoro vietando al datore di lavoro, che la valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori non abbia effettuato, di stipulare il contratto di lavoro a termine.
37. Tanto premesso, incombe sul datore di lavoro che intenda sottrarsi alle conseguenze della violazione del divieto, l'onere di provare di aver assolto specificamente l'adempimento, con la valutazione dei rischi nei termini richiesti dalla normativa, all'evidenza in epoca antecedente alla stipula del contratto a termine, e il giudice non può che constatare la sussistenza della fattispecie lecita o vietata dall'ordinamento.

38. Venendo alle conseguenze della violazione del divieto, posto dunque da norma imperativa, sicché la pattuizione difforme risulta contra legem, va riaffermato il principio costantemente ribadito da questa Corte {ex multis, Cass. 10033/2010; 2279/2010; 12985/2008), secondo cui il d.lgs. n. 368 cit. (applicabile, nella fattispecie, ratione temporis) ha senz'altro confermato pur anteriormente alla novellazione operata, dalla L. n. 247 del 2007, art. 1, comma 39 ("Il contratto di lavoro subordinato e stipulato dì regola a tempo indeterminato"), il principio generale secondo cui il rapporto di lavoro subordinato è normalmente a tempo indeterminato, costituendo, pur sempre, l'apposizione del termine un'ipotesi derogatoria rispetto al suddetto principio, in consonanza con la premessa su cui si fonda l'accordo quadro stesso, vale a dire "che i contratti dì lavoro a tempo indeterminato costituiscono la forma comune dei rapporti di lavoro, mentre i contratti di lavoro a tempo determinato rappresentano una caratteristica dell'impiego in alcuni settori o per determinate occupazioni e attività" e che, pertanto, il beneficio della stabilità dell'impiego deve essere inteso come un elemento portante della tutela dei lavoratori (così Corte giustizia Comunità europee, sentenza 22 novembre 2005, causa C - 144/04, Mangold, punto 64; sentenza Angelìdaki, punto 104), laddove i contratti di lavoro a termine sono idonei a rappresentare sia le esigenze dei datori di lavoro che dei lavoratori "soltanto in alcune circostanze" .

39. Ne risulta che la nullità della clausola del termine di durata al contratto di lavoro apposto in divieto di norma imperativa comporta la nullità dell'opzione contrattuale scelta dalla parti contraenti verso l'ipotesi derogatoria (del lavoro a termine) e la validità del contratto di lavoro, stipulato inter partes, secondo la regola generale del rapporto a tempo indeterminato.

40. Tale soluzione trova, del resto, conferma nei consolidati principi, più volte affermati da questa Corte di legittimità, con riferimento, da un lato, al carattere eccezionale della nullità totale (v., fra le altre, Cass. 10050/1996; Cass. 11248/1997) e, dall'altro, alla portata della norma di cui al secondo comma dell'art. 1419 cc.
41. In particolare è stato affermato che, ai fini dell'operatività della disposizione di cut all'art. 1419, secondo comma, cc. che contempla la sostituzione delle clausole nulle di un contratto contrastanti con norme inderogabili, con la normativa legale, non si richiede che le disposizioni inderogabili dispongano espressamente la sostituzione, in quanto la locuzione codicistica ("sono sostituite dì diritto") va interpretata non nel senso dell'esigenza dì una previstone espressa della sostituzione, ma in quello dell'automaticità della stessa, trattandosi di elementi necessari del contratto o di aspetti tipici del rapporto, cui la legge ha apprestato una propria inderogabile disciplina" (v., ex multis, Cass. 6170/2005).

42. Tale indirizzo risulta coerente anche sul piano sistematico, in rapporto al principio generale fissato dall'art, 1339 cc. che ha una portata generale nel quadro della (etero)integrazione della regolamentazione contrattuale.

43. Peraltro questa Corte ha costantemente affermato che la disposizione dell'art. 1419, secondo comma, c.c, "impedisce che al risultato dell'invalidità dell'intero contratto possa pervenirsi in considerazione della sussistenza di un vizio del consenso cagionato da errore di diritto essenziale, avente ad oggetto la clausola nulla in rapporto alla norma imperativa destinata a sostituirla, poiché l'essenzialità di tale clausola rimane esclusa dalla stessa prevista sua sostituzione con una regola posta a tutela di interessi collettivi di preminente interesse pubblico" (v., tra le altre, Cass. 19156/2005).
44. In particolare, poi, Cass. 3293/1983 (pur con riferimento al pregresso regime di cui alla L. n. 230 del 1962) ha altresì precisato che "tale principio trova applicazione anche nel caso di apposizione del termine finale ad un contratto dì lavoro subordinato, fuori dalle ipotesi espressamente previste dalla legge, che non può mai essere considerata come una causa sine qua non della stipulazione, ma costituisce un patto che ... è riconducibile al novero degli accidentalia negotii".

45. Tale riconducibilità deve ancor più affermarsi nel nuovo regime, in considerazione della chiara lettera della norma (" E' consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni .. ", "L'apposizione del termine non e ammessa ..."), nonché del carattere imperativo della stessa, per cui deve ritenersi che, nella disciplina del lavoro a termine (e pure anteriormente alla legge n. 247 del 2007), in definitiva, il termine assurge ad elemento accidentale, con la conseguenza che, parimenti, la nullità della relativa clausola non si estende all'intero contratto.

46. Nella specie a tali argomenti vanno, peraltro, aggiunte considerazioni proprie dell'inderogabilità tipica delle norme poste a tutela dei lavoratori, nel chiaro solco tracciato dalla Corte costituzionale (a partire dalla sentenza n. 210 del 1992, confermata., nella sostanza, dalla successiva sentenza n, 283 del 2005).
47. La Corte costituzionale, infatti, (pur con riferimento alla fattispecie del contratto di lavoro a tempo parziale) ha chiaramente affermato, in generale, che. "L'art, 1419 cc, comma 1 ... non è applicabile rispetto al contratto di lavoro, allorquando la nullità della clausola derivi dalla contrarietà di essa a norme imperative poste a tutela del lavoratore, così come, più in generale, la disciplina degli effetti della contrarietà del contratto a norme imperative trova in questo campo (come anche in altri) significativi adattamenti, volti appunto ad evitare la conseguenza della nullità del contratto. Ciò in ragione del fatto che, se la norma imperativa è posta a protezione di uno dei contraenti, nella presunzione che il testo contrattuale gli sia imposto dall'altro contraente, la nullità integrale del contratto nuocerebbe, anziché giovare, al contraente che il legislatore intende proteggere. Così non si dubita che non si estende all'intero contratto la nullità, per motivi dì forma o di contenuto, del patto di prova (art. 2096 cc.) o del patto di non concorrenza (art. 2125 cc), oppure del patto con cui venga attribuito al datore di lavoro un potere illimitato e incondizionato di variare unilateralmente le mansioni o il luogo di lavoro (art. 2103 secondo comma cc), ovvero della clausola appositiva di un termine alla durata del contratto di lavoro (L. 18 aprile 1962 n. 230), ovvero della clausola che preveda la risoluzione del rapporto di lavoro in caso dì matrimonio (L. 9 gennaio 1963, n. 7. art. 1), e così via. Ed il medesimo assetto si registra anche rispetto a pattuizioni che incidono sullo stesso schema causale del contratto: così è per "apprendistato ... e per il contratto di formazione lavoro ... posto che la nullità delle relative pattuizioni - per motivi di forma o procedimentali ovvero per difetto delle condizioni sostanziali di ammissibilità di tali figure contrattuali - non è comunque idonea a travolgere integralmente il contratto, ma ne determina la cd. conversione in un "normale" contratto di lavoro (o meglio, la qualificazione del rapporto come normale rapporto di lavoro, in ragione dell'inefficacia della pattuizione relativa alla scelta del tipo contrattuale speciale) senza che vi sia spazio per l'indagine - oggettiva o soggettiva - circa la comune volontà del contraenti in ordine a tale esito" (Corte cost. 210/1992).

48. Ed ancora, per il Giudice delle leggi, "tutto ciò, del resto, rappresenta una naturale e generale conseguenza del fatto che, nel campo del diritto del lavoro - in ragione della disuguaglianza di fatto delle parti del contratto, dell'immanenza della persona del lavoratore, nel contenuto del rapporto e, infine, dell'incidenza che la disciplina dì quest'ultimo ha rispetto ad interessi sociali e collettivi - le norme imperative non assolvono solo al ruolo di condizioni di efficacia giuridica della volontà negoziale, ma, insieme alle norme collettive., regolano direttamente il rapporto, in misura certamente prevalente rispetto all'autonomia individuale, cosicché il rapporto di lavoro, che pur trae vita dal contratto, è invece regolato soprattutto da fonti eteronome, indipendentemente dalla comune volontà dei contraenti ed anche contro di essa... E la violazione del modello di contratto e di rapporto imposto all'autonomia individuale dà luogo, di regola, alla conformazione reale del rapporto concreto al modello prescritto - per via di sostituzione o integrazione della disciplina pattuita con quella legale ovvero per via del disconoscimento di effetti alla sola disposizione contrattuale illegittima - e non già alla riduzione del rapporto reale ad una condizione dì totale o parziale irrilevanza giuridica." (Corte cost, n. 210 cit).

49. Tali considerazioni, per la loro natura e portata generale, si attagliano perfettamente anche al regime stabilito dal decreto legislativo n. 368 cit., senza che rilevi, in alcun modo, la mancanza di una norma sanzionatoria espressa.

50. Tanto premesso, il motivo del ricorso devoluto a questa Corte investe, per le conseguenze della conversione del contratto, il tema cui è riferìbile lo ius superveniens, evocato dalla società nella memoria ex art. 378 c.p.c, di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, commi 5, 6 e 7.

51. Così recitano le disposizioni richiamate: "5. Nei casi di conversione dei contratto a tempo determinato, il "giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo un'indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2.5 ed un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell'art. 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604.
6. In presenza di contratti ovvero accordi collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che prevedano l'assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell'ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo dell'indennità fissata dal comma 5 è ridotto alla metà.
7. Le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 trovano applicazione per tutti i giudizi, ivi compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge. Con riferimento a tali ultimi giudizi, ove necessario, ai soli, fini della determinazione
della indennità di cui ai commi 5 e 6, il giudice fissa alle parti un termine per l'eventuale integrazione della domanda e delle relative eccezioni ed esercita i poteri istruttori ai sensi dell'art. 421 del codice di procedura civile".
52. La disciplina de qua, applicabile a tutti i giudizi pendenti, anche in grado di legittimità (sul punto v. Cass. ord. 2112/2011), come è stato già affermato da questa Corte (v., fra le altre, Cass.             3056/2012      , Cass. 1411/2012, Cass. 1409/2012), alla luce della sentenza interpretativa di rigetto della Corte Costituzionale n. 303 del 2011, è fondata sulla ratio legis diretta ad "introdurre un criterio di liquidazione del danno di più agevole, certa ed omogenea applicazione", rispetto alle "obiettive incertezze verificatesi nell'esperienza applicativa dei criteri di commisurazione del danno secondo la legislazione previgente".

53. La norma, che "non si limita a forfetizzare il risarcimento del danno dovuto al lavoratore illegittimamente assunto a termine, ma, innanzitutto, assicura a quest'ultimo l'instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato", in base ad un' "interpretazione costituzionalmente orientata", va intesa nel senso che "il danno forfetizzato dall'indennità in esame copre soltanto il periodo cosiddetto "intermedio", quello, cioè, che corre dalla scadenza del termine fino alla sentenza che accerta la nullità di esso e dichiara la conversione del rapporto", con la conseguenza che, a partire da tale sentenza, "è da ritenere che il datore dì lavoro sia indefettibilmente obbligato a riammettere in servizio il lavoratore e a corrispondergli, in ogni caso, le retribuzioni dovute, anche in ipotesi di mancata riammissione effettiva" (altrimenti risultando "completamente svuotata" la "tutela fondamentale della conversione del rapporto in lavoro a tempo indeterminato").

54. Nel contempo, sempre alla luce della citata pronuncia della Corte costituzionale, il nuovo regime risarcitorio non ammette la detrazione dell'aliunde perceptum., sicché l'indennità onnicomprensiva assume una chiara valenza sanzionatoria ed è dovuta in ogni caso, al limite anche in mancanza di danno, per avere il lavoratore prontamente reperito un'altra occupazione.

55. In definitiva la norma in oggetto, come affermato dal Giudice delle leggi, risulta "adeguata a realizzare un equilibrato componimento dei contrapposti interessi". Infatti, al lavoratore garantisce la conversione del contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, unitamente ad un'indennità che gli è dovuta sempre e comunque, senza necessità né dell'offerta della prestazione, né di oneri probatori di sorta. Al datore di lavoro, per altro verso, assicura la predeterminazione del risarcimento del danno dovuto per il periodo che intercorre dalla data d'interruzione del rapporto fino a quella dell'accertamento giudiziale del diritto del lavoratore al riconoscimento della durata indeterminata di esso. Ma non oltre, pena la vanificazione della statuizione giudiziale impositiva di un rapporto di lavoro sine die.

56. Peraltro la Corte Costituzionale (richiamando le proprie precedenti pronunce: sent. nn. 298/2009, 86/2008, 282/2007, 354/2006, ord. n. 102/2011, 109/2010 e 125/208 ) ha escluso "che inconvenienti solo eventuali e di mero fatto, che non dipendono da una sperequazione voluta dalla legge, ma da situazioni occasionali e talora patologiche (come l'eccessiva durata dei processi in alcuni uffici giudiziari)" possano rilevare al fini del giudizio di legittimità costituzionale. Del resto circa le "presunte disparità di trattamento ricollegabili al momento del riconoscimento m giudizio del diritto del lavoratore illegittimamente assunto a termine" la Corte Costituzionale ha rilevato non solo che "il processo è neutro rispetto alla tutela offerta", ma anche che "l'ordinamento predispone particolari rimedi, come quello cautelare, intesi ad evitare che il protrarsi del giudizio vada a scapito delle ragioni del lavoratore (sentenza n. 144 del 1998"), nonché gli specifici meccanismi riparatori contro la durata irragionevole delle controversie dì cui alla legge 24 marzo 2001 n. 89".

57. Inoltre, la stessa Corte ha evidenziato che "la garanzia economica in questione non è ne' rigida, ne' uniforme" e, "anche attraverso il ricorso ai criteri indicati, dall'art. 8 della legge n. 604 del 1966, consente di calibrare l'importo dell'indennità da liquidare in relazione alle peculiarità delle singole vicende, come la durata del contratto a tempo determinato (evocata dal criterio dell'anzianità lavorativa), la gravità della violazione e la tempestività della reazione del lavoratore (sussumibili sotto l'indicatore del comportamento delle parti), lo sfruttamento di occasioni di lavoro (e di guadagno) altrimenti intangibili in caso di prosecuzione del rapporto (riconducibile al parametro delle condizioni delle parti), nonché le stesse dimensioni dell'impresa "immediatamente misurabili attraverso il numero dei dipendenti".

58. A tale interpretazione adeguatrice, indicata (con sentenza interpretativa di rigetto) dal Giudice delle leggi come conforme a Costituzione, con riferimento agli artt. 3, 4, 11, 24, 101, 102, 111 e 117 primo comma, il Collegio, condividendo le argomentazioni sulla ratio della norma e sullo sviluppo dell'operazione ermeneutica, intende aderire, non ravvisando, nel contempo, una diversa interpretazione che sia parimenti non solo rispettosa della Costituzione ma anche del tutto conforme alla lettera e alla ratio della norma stessa (cfr. Cass. 166/2004, Cass. 1581/2010).

59. Così intesa, in sostanza come una sorta di penale stabilita dalla legge - in stretta connessione funzionale con la declaratoria di conversione del rapporto di lavoro - a carico del datore di lavoro per la nullità del termine apposto al contratto di lavoro e determinata dal giudice nei limiti e con i criteri dettati dalla legge, a prescindere sia dall'esistenza del danno effettivamente subito dal lavoratore (e da ogni onere probatorio al riguardo), sia dalla messa in mora del datore di lavoro, con carattere "forfetizzato", "onnicomprensivo" di ogni danno subito per effetto della nullità del termine, nel periodo che va dalla scadenza dello stesso fino alla sentenza che ne accerta la nullità e dichiara la conversione del rapporto, l'indennità in esame appare non solo conforme alla Costituzione (ai sensi di Corte Cost. 303/2011 cit.), bensì anche pienamente rispondente alla lettera e allo spirito della legge.
60. Altre interpretazioni, che in qualche modo riducano o eliminino il predetto carattere "onnicomprensivo" dell'indennità, ovvero ne delimitino ulteriormente il periodo di "copertura", in ragione di elementi (come la messa in mora o l'epoca della domanda) estranei alla fattispecie legale (al pari di quelle, opposte, estensive del periodo medesimo), risulterebbero travalicare i detti fondamentali criteri ermeneutici.

61. Orbene tale normativa sopravvenuta va applicata nel caso in esame, con riferimento alle conseguenze, sulla regolamentazione contrattuale, della nullità del termine per violazione dell'art. 3 del d.lgs. n.368 del 2001.
62. La corte territoriale, nell'esaminare il relativo motivo di gravame, è pervenuta all'affermazione del principio di diritto, con opzione ermeneutica peraltro di segno opposto a quella indicata da questo Collegio, senza compiere alcun accertamento in fatto con riferimento ai relativi esiti dell'assolvimento o meno del predetto obbligo da parte del datore di lavoro.

63. La causa va, pertanto, rinviata ad altro Giudice di merito, che si individua nella stessa Corte di appello di Milano, in diversa composizione, la quale, anche nei sensi e limiti del detto ius superveniens, e con gli adempimenti in rito previsti dal comma 7 del citato art. 32, provvederà a riesaminarla, regolamentando anche le spese del giudizio di legittimità, attenendosi al seguente principio di diritto: "La clausola di apposizione del termine al contratto di lavoro da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, è nulla per contrarietà a norma imperativa e il contratto di lavoro si considera a tempo indeterminato. Spetta al giudice di merito accertare, con valutazione che, se correttamente motivata ed esente da vizi giuridici, resta esente dal sindacato di legittimità, la sussistenza del presupposto indicato dall' art. 3, lett. d), del d.lgs. n.368 cit."

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso e respinge gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d'appello di Milano, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, l'8 marzo 2012
Depositata in Cancelleria il 2 aprile 2012.
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