venerdì 31 agosto 2012

CAMERA DEI DEPUTATI, ATTIVITA' PARLAMENTARE SVOLTA DAL DEPUTATO ON. MICHELE TRAVERSA DAL 5 MAGGIO 2008 AL 31 AGOSTO 2012: UNA PROPOSTA DI LEGGE COME PRIMO FIRMATARIO, NESSUNA PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE, UN SOLO INTERVENTO IN ASSEMBLEA SU PROGETTI DI LEGGE, UNA SOLA INTERPELLANZA URGENTE, NESSUNA INTERROGAZIONE O RISOLUZIONI PRESENTATE COME PRIMO FIRMATARIO.


ATTI
CAMERA DEI DEPUTATI
attivita’ parlamentare
On. M. Traversa
Deputato On. TRAVERSA Michele 
Iscritto al gruppo parlamentare
·         POPOLO DELLA LIBERTA'  dal 5 maggio 2008

PROPOSTE DI LEGGE PRESENTATE COME PRIMO FIRMATARIO
·         Disposizioni per il coordinamento e la promozione delle attività nel settore del turismo e istituzione del Ministero delle politiche turistiche (1877)
(presentata il 6 novembre 2008, annunziata il 7 novembre 2008)
·         Modifiche al codice di procedura penale in materia di proroga del termine per l'esercizio dell'azione penale e di giudizio abbreviato relativamente ai soggetti sottoposti a misure cautelari personali (4498)
(presentata l'11 luglio 2011, annunziata il 12 luglio 2011)

PROPOSTE DI INCHIESTA PARLAMENTARE come primo firmatario

nessuna

·         NTERVENTI SU PROGETTI DI LEGGE IN ASSEMBLEA
DISEGNI DI LEGGE: RENDICONTO GENERALE DELL´AMMINISTRAZIONE DELLO STATO PER IL 2008 - (A.C.2632); DISPOSIZIONI PER L´ASSESTAMENTO DEL BILANCIO DELLO STATO E DEI BILANCI DELLE AMMINISTRAZIONI AUTONOME PER IL 2009 - 30-07-2009
·         DISCUSSIONE DI MOZIONI, RISOLUZIONI, INTERPELLANZE E INTERROGAZIONI
ELEMENTI IN MERITO ALLA PROCEDURA PER IL CONFERIMENTO DI INCARICHI DI COLLABORAZIONE PRESSO L´AGENZIA NAZIONALE PER L´AMMINISTRAZIONE E LA DESTINAZIONE DEI BENI SEQUESTRATI E CONFISCATI ALLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA - N. 2-00955 TRAVERSA (URGENTE) - 10-02-2011 

ALTRI INTERVENTI IN COMMISSIONE

nessuna

Mozioni, risoluzioni, interpellanze e interrogazioni

2/00955  CAMERA 02/02/2011 N. 428 TRAVERSA MICHELE POPOLO DELLA LIBERTA'CONCLUSO – interpellanza urgente

Uffici a rischio, le Poste disertano l'incontro


IL CASO. Nessun rappresentante dell'azienda si è presentato al tavolo tecnico organizzato in Broletto per discutere i tagli: monta la rabbia delle istituzioni e dei sindaci. L'assessore provinciale Maisetti: «È la seconda volta che succede». E le parti in causa puntano il dito contro l'assenza di concertazione
31/08/2012
C'erano tutti. C'erano i rappresentanti della Prefettura, i sindaci dei numerosi Comuni della provincia interessati, i delegati delle organizzazioni sindacali del comparto postale, l'assessore provinciale alla Sicurezza, Mario Maisetti, le Comunità montane di Valle Camonica e Sabbia e l'Unione Comuni Alta Valle Camonica. C'erano tutti ed erano pronti a confrontarsi con i rappresentanti di Poste italiane sulla razionalizzazione degli uffici postali più «inefficienti», il cui saldo tra costi e ricavi è in negativo. Ma nessuno delle Poste si è presentato. «Impegni imprevisti e inderogabili», fanno sapere dall'azienda. Ma l'assenza ha scatenato la rabbia degli intervenuti. LA QUESTIONE dei tagli riguarda 15 uffici postali sparsi per la Provincia, più quello di Lamarmora. L'elenco è contenuto in una lista di circa mille uffici postali italiani, redatta dalle Poste su richiesta dell'Autorità per le comunicazioni. Per quanto riguarda la provincia di Brescia, la spada di Damocle della chiusura riguarda gli sportelli di Lumezzane Pieve, Pilzone (Iseo), San Pancrazio (Palazzolo sull'Oglio), Ludriano (Roccafranca), Coniolo (Orzinuovi), Corticelle Pieve (Dello), Remedello, Calvagese della Riviera, Ponte Zanano (Sarezzo), San Colombano (Collio), Campione del Garda (Tremosine), Gorzone (Darfo Boario Terme), Nozza (Vestone), Bogliaco e Navazzo (entrambi a Gargnano), oltre all'ufficio Brescia 19, ovvero quello situato in via Lamarmora, in città. L'INCONTRO DI IERI avrebbe dovuto chiarire la posizione di Poste italiane, che ha sempre sostenuto come gli uffici «a rischio» non verranno chiusi, ma solo riorganizzati per diventare centri multiservizi, dedicati per esempio all'erogazione di certificati anagrafici, al pagamento dei ticket sanitari o al rinnovo dei permessi di soggiorno. Ma i sindacati e i primi cittadini dei Comuni interessati vogliono vederci chiaro, perché temono che i residenti possano trovarsi, da un giorno all'altro, privati di un servizio essenziale come quello postale. Ciò che più infastidisce le parti in causa - come si legge anche nella nota diramata dalla Prefettura - è che «la razionalizzazione programmata da Poste italiane non sia stata preceduta da una fase di consultazione di tutti gli attori coinvolti che consentisse di conoscere le ragioni della riduzione e permettesse di rendere meno traumatico l'impatto sul territorio». MOLTO CRITICO anche l'assessore Maisetti, che ha rimarcato come «è già la seconda volta che l'incontro salta per l'assenza di Poste Italiane. Togliendo un servizio pubblico come gli sportelli postali si creerebbero gravi disagi alla popolazione residente, soprattutto nei paesi di montagna: le Poste devono garantire questo servizio sociale». Maisetti, esprimendo totale vicinanza agli enti locali da parte della Provincia, ha anche sottolineato che «se la logica è quella di far saltare il tavolo o di dividere istituzioni e sindacati, è del tutto sbagliata. Si parla tanto di concertazione: andrebbe messa in pratica sul serio e si risolverebbero molti problemi». Dopo le reazioni di sindaci e rappresentanti sindacali, nel tardo pomeriggio le Poste hanno fatto sapere che sono disponibili a un nuovo incontro nei prossimi giorni per discutere della situazione. La speranza di chi sta lottando per difendere la qualità dei servizi del proprio Comune è che al nuovo incontro, questa volta, partecipino davvero tutti.
Manuel Venturi
Quotidiano BresciaOggi 31 agosto 2012

Poste Italiane: arriva anche nel Sannio il Prestito BancoPosta Studi


Tutti in classe il 13 settembre, per gli studenti campani prende il via l’anno scolastico. In coincidenza con la ripresa delle attività didattiche Poste Italiane ha approntato il Prestito BancoPosta Studi. Un finanziamento, che viene incontro alle necessità delle famiglie, che sostiene lo studio dei figli e valorizza il loro futuro. Richiedendo il Prestito BancoPosta Studi è possibile ottenere, in pochi giorni, 1.000 euro per ogni figlio iscritto alla scuola elementare o alla media inferiore, 2.000 euro se è iscritto alla scuola media superiore o 3.000 euro se frequenta l’università, corsi professionali o di specializzazione. L’importo massimo è di 5.000 euro per famiglia, rimborsabili da 12 a 24 rate mensili, addebitate direttamente sul conto BancoPosta.
Disponibile in oltre 9.000 uffici postali fino al 30 novembre 2012, il Prestito BancoPosta Studi offre condizioni vantaggiose e viene offerto in collaborazione con Deutsche Bank. Per conoscere indirizzo e orario di apertura degli uffici postali abilitati e per ricevere maggiori informazioni è possibile consultare il sito Internet www.poste.it o chiamare il numero verde 803.160.

Pubblicato da  nella giornata di: giovedì, 30 ago 2012. In Azienda,News    

giovedì 30 agosto 2012

Poste Cuas, da settembre si cambia


Cuas, da settembre si cambia

La dematerializzazione dei bollettini permette di impegnarsi in altre attività, parte delle quali ora esternalizzata


La dematerializzazione del bollettino permette di concentrarsi su altre attività
Nuovo passo in avanti nella riorganizzazione delle strutture che si occupano principalmente dei conti correnti postali, i centri unificati automazione servizi, per intenderci. La graduale dematerializzazione del bollettino, secondo i tecnici di Poste italiane “consentirà un'ottimizzazione delle attività mediante la trasformazione del cartaceo in immagini elettroniche e la quasi totale eliminazione di alcune fasi operative”, quali arrivi, preparazione e caricamento.
Ciò permetterà, sin da settembre, di spostare parte del personale, dopo un'opportuna formazione, verso altri incarichi. In particolare, verso i controlli destinati a rendere le piattaforme elettroniche più sicure dalle frodi, soprattutto per quel che concerne le operazioni effettuate con le carte di pagamento. Controlli oggi parzialmente affidati ad un'azienda terza e quindi destinati ad essere riportati all'interno.
In base al programma, i Cuas di Bari, Firenze e Venezia continueranno, come ora, a lavorare i bollettini (in realtà, l'impianto del capoluogo toscano trattava anche i libretti). Quanto alla sede di Ancona, passerà dai bollettini alle frodi off-line, agli accertamenti patrimoniali ed ai libretti. Il centro multiservizi di Torino, impegnato sulle frodi on-line ed off-line, gli accertamenti patrimoniali ed i pignoramenti, svilupperà un servizio attivo ventiquattro ore su ventiquattro per sette giorni alla settimana nelle truffe in linea, mantenendo sempre i pignoramenti. Confermata la consistenza del personale: complessivamente vi lavoreranno ancora 701 operatori, anche se Firenze e Venezia diminuiranno nel numero, mentre aumenteranno ad Ancona e Torino.


Vaccarinews
30 agosto 2012

Poste Italiane diserta l’incontro con i Comuni “tagliati”. Acb alza la voce



BRESCIA  -  

Nella giornata odierna era stato convocato in Prefettura un incontro con i rappresentanti di Poste Italiane per far luce sulle politiche di razionalizzazione che la società ha da tempo messo in essere nella nostra provincia, scelte contrastate dal territorio e comportanti non pochi, gravi disagi in molti Comuni bresciani, molti dei quali hanno anche avviato raccolte di firme in merito.
Nonostante la prevista presenza di tutti i sindaci direttamente interessati, la Provincia di Brescia, i sindacati e le Comunità montane della Valcamonica e Valsabbia e l’Unione dei Comuni dell’alta Valcamonica, si è registrata all’incontro l’eclatante e ingiustificata assenza di Poste Italiane, il primo e più importante degli interlocutori. I presenti hanno dunque dato mandato all’Associazione Comuni Bresciani di chiedere, tramite la Prefettura, ragione di quella che è a tutti gli effetti da considerarsi una grave mancanza di serietà e rispetto nei confronti delle Istituzioni.
Al pari è stato chiesto all’Acb di predisporre un documento, sottoscritto da tutti i 206 primi cittadini, in cui si chiede, con i rappresentanti degli Enti locali, a Prefettura e Ministero d’intervenire per avere da Poste Italiane risposte chiare ed esaustive sulle scelte intraprese, modalità d’attuazione, tempi e prospettive. Con la presente si vuole ricordare che da svariati mesi la società sta perpetrando, in nome di una razionalizzazione quantitativa più che qualitativa, assolutamente sbilanciata rispetto alle reali esigenze e fruizioni del territorio, la sistematica chiusura di molti uffici postali.
Questo comporta, specialmente per i centri più periferici, significative difficoltà soprattutto all’utenza più debole. Una scelta, quella di Poste Italiane, che non tiene adeguatamente conto della rendita di posizione territoriale, della crescita, cioè, che negli anni, molti cittadini e gli Enti locali hanno concorso ad apportare alla stessa società, alle facilitazioni di cui ha goduto grazie ai molti Municipi (spesso disponibili ad accordare locazioni a prezzo simbolico), senza contare gli effettivi danni dovuti ai ritardi e alla disefficienza di uffici aperti “a singhiozzo”. Tutto questo, unito ai continui temporeggiamenti e rimandi a un confronto chiarificatore, rende ancora più grave l’immotivata assenza odierna.
Fonte: Associazione Comuni Bresciani
l'Eco delle Valli
30 agosto 2012

Cisl contro Poste Italiane, “bugie e zero serietà”

quiBrescia.it

Brescia, 30 agosto 2012

(red.) Per la seconda volta nel giro di pochi mesi Poste Italiane ha snobbato platealmente una convocazione del Prefetto di Brescia. E’ quanto denuncia la Cisl in una nota stampa. L’episodio, come spiega il sindacato, è avvenuto giovedì mattina in Broletto dove il Prefetto aveva invitato la Direzione di Poste Italiane, l’amministrazione provinciale, l’Acb, i sindaci interessati, la Comunità Montane e organizzazioni sindacali per un confronto sul piano di chiusure e ridimensionamento degli uffici postali nel territorio bresciano. “Tutti presenti”, si legge, “tranne quelli che avrebbero dovuto dare ragione di scelte e comportamenti che penalizzeranno cittadini e l’economia locale. Ufficialmente la motivazione dell’assenza è stata determinata da non meglio specificati sopraggiunti impegni”.
“Un comportamento irriguardoso e provocatorio”, ha commentato Giovanni Punzi, Segretario generale dei Postali Cisl, “anche perché i dirigenti di sede a Brescia sono addirittura quattro e a livello regionale sono un piccolo esercito”. Nessuno dei presenti ha risparmiato critiche a Poste Italiane che pur essendo una società per azioni – è stato sottolineato – non dovrebbe dimenticare che il suo maggior azionista è lo Stato, vale a dire i cittadini.
“Quel che dà fastidio a Poste Italiane”, ha spiegato il sindacalista, “è che il Prefetto abbia convocato anche i rappresentanti dei lavoratori: sono arrivati a chiedere al rappresentante locale del Governo di incontrarci separatamente e al di fuori del tavolo di confronto con le istituzioni locali. Del resto è l’unico modo che hanno per non vedersi sbugiardati pubblicamente. L’ultima bugia? Quella che hanno messo a corredo dell’assurda giustificazione dell’assenza alla riunione di stamattina, e cioè che le informazioni sulle chiusure degli uffici postali erano state fornite alle organizzazioni sindacali lo scorso mese di luglio, dimenticandosi di aggiungere che non è stato possibile, ad oggi, confrontarsi su queste chiusure perchè Poste Italiane rifiuta ogni richiesta di dialogo visto che il piano è stato approvato a livello nazionale”.
”Eliminando il sindacato dal tavolo istituzionale”, ha aggiunto, il segretario della Slp Cisl, “eliminerebbero una voce scomoda che dispone dei dati complessivi di ciò che sta avvenendo nel bresciano”.
La denuncia dei Postali Cisl è molto circostanziata: ad oggi sono razionalizzati 25 uffici, ne sono stati chiusi definitivamente due; nel 2011 la somma delle giornate di chiusura di tutti gli uffici postali bresciani (senza considerare le chiusure estive e natalizie) è arrivata a 453 giorni: come se ogni giorno fossero stati chiusi quasi quattro uffici; nei primi 8 mesi del 2012 i giorni di chiusura sono stati 299, pari a sei uffici postali chiusi al giorno. A questi bisogna aggiungere i giorni di chiusura che non vengono comunicati alle organizzazioni sindacali, per cui il dato reale sugli uffici chiusi ogni giorno è sicuramente più alto.
“E’ partendo da questi numeri”, ha concluso Punzi, “che deve muovere un confronto serio con Poste Italiane: peccato che l’Azienda non mostri né serietà né responsabilità”.

Sulle pensioni verifica ancora in agenda



La riforma pensionistica Monti-Fornero (legge 214/2011) contiene al comma 28, articolo 24, l'impegno di valutare entro il 2012 due elementi fondamentali per l'assetto di lungo termine del sistema pensionistico.
Si tratta della possibilità di introdurre ulteriori forme di gradualità nell'accesso al trattamento pensionistico (fermo restando la stabilità finanziaria e l'applicazione del metodo contributivo) e della previsione di eventuali forme di decontribuzione parziali dell'aliquota contributiva obbligatoria verso schemi previdenziali integrativi.
L'analisi dovra essere effettuata da una commissione, che non risulta ancora costituita. Eppure, l'organizzazione finale del nostro sistema pensionistico non potrà prescindere da un serio confronto delle parti sociali sulle valutazioni effettuate da tale commissione.
Per quanto concerne il primo elemento, la revisione dell'accesso al pensionamento è importante se si considera che in futuro difficilmente esso avverrà con le stesse modalità del passato, ossia sulla base di una specifica data in coincidenza della quale si verificherà la definitiva cessazione dall'attività di servizio e la corrispondente decorrenza dell'intera prestazione pensionistica maturata.
Più probabile potrebbe essere un periodo transitorio nel corso del quale il lavoratore inizierà a ridurre progressivamente l'attività lavorativa e a percepire, assieme alla retribuzione, una serie di forme di sostegno al reddito (inclusa magari la previdenza complementare) che lo accompagneranno al pensionamento definitivo.
Il secondo elemento tocca, invece, il tema delle le risorse utilizzate per finanziare il sistema pensionistico e i vari pilastri da esso composto (solitamente tre: quello pubblico, l'Inps, quello privato, i fondi pensione, e quello individuale costituito dal risparmio personale). Attualmente, per i lavoratori dipendenti il solo contributo destinato alla previdenza pubblica è pari al 33% della retribuzione, tra i più elevati dei maggiori Paesi europei. Difficilmente un sistema del genere può essere considerato sostenibile nel lungo termine, visto l'onere per le aziende. Lo scenario delineato dalla riforma, invece, ipotizza l'eventualità – compatibilmente con l'equilibrio dei conti pubblici e presumibilmente su basi volontarie – di trasferire alla previdenza complementare una quota della contribuzione destinata al sistema di base.
Uno scenario del genere, per i lavoratori con redditi elevati, sotto certi aspetti era già stato previsto nel 1995 dalla riforma Dini. Per gli iscritti per la prima volta all'Inps dopo il 31 dicembre 1995 e per tutti coloro che avessero optato per l'applicazione integrale del metodo di calcolo contributivo (e non retributivo o misto) la riforma aveva, infatti, previsto l'introduzione di un massimale di retribuzione pensionabile e contributiva – peraltro vigente (sulla base del quale, in una prima fase, i contributi commisurati alla fascia di retribuzione eccedente il massimale e destinati al finanziamento della previdenza complementare ricevevano anche uno specifico ulteriore beneficio fiscale).
La riforma Monti-Fornero sembra invece destinare la nuova possibilità più alle giovani generazioni che ai dipendenti con reddito elevato. L'approccio appare in ogni caso condivisibile. Nel 2007 anche Mario Draghi (allora Governatore della Banca d'Italia) aveva sollecitato il Governo ad introdurre disposizioni del genere.
Attualmente la copertura finale complessiva media offerta ad un lavoratore è per l'80/90% garantita dal sistema pubblico. Eventuali difficoltà di tale sistema, accompagnate da misure restrittive tese a ristabilirne l'equilibrio finanziario, si traducono immediatamente in una riduzione delle prestazioni ricevute dagli aventi diritto. Un maggiore bilanciamento nelle prestazioni erogate dai vari pilastri migliorebbe sensibilmente la situazione, anche perché il risultato delle riforme pensionistiche succedutesi in questi anni è stato ridurre fortemente la copertura offerta dal sistema pubblico. Solo rinviando il pensionamento a tarda età e in presenza di una carriera continua, non caratterizzata da buchi contributivi è possibile ricevere ancora, alla cessazione del servizio, una prestazione adeguata.
Claudio Pinna
Il Sole 24 Ore/Lavoro
21 agosto 2012

mercoledì 29 agosto 2012

Ex Cmp di Novara: lavoratori in trincea per difendere il loro futuro e non solo


Tribunanovarese
28 agosto 2012

Poste Italiane taglia 100 posti di lavoro. E il servizio per gli utenti è a rischio

Novara - Da un mese presidiano giorno e notte il piazzale davanti all’ingresso del Cmp di Novara. O meglio: di quello che era fino a poche settimane fa uno dei centri di eccellenza del servizio corrispondenza di Poste Italiane. Il secondo centro in Italia per qualità e servizi offerti dopo quello di Padova. Un gioiello, inaugurato una quindicina di anni fa, per il quale la stessa azienda ha investito solo negli ultimi anni la bellezza di 8 milioni di euro. Soldi che ora rischiano di venire bruciati dalla decisione di ridurre drasticamente gli occupati dell’(ex) Cmp di Novara. «L’obiettivo aziendale è di ridurre i costi facendo una semplice riduzione di 100 addetti qui a Novara che si dovranno spostare negli altri centri postali: a cominciare da quello lombardo di Roserio. Peccato che quello stesso centro sia destinato a chiudere entro 700 giorni, come ha già annunciato l’azienda. E quindi? Noi siamo qui per difendere il nostro lavoro, il Cmp di Novara e anche per difendere il servizio offerto ai cittadini. Questi tagli scellerati, inspiegabili a fronte del recentissimo investimento sul centro, avranno conseguenze negative sulla consegna della posta ai novaresi».
Sotto il gazebo a parlare sono i rappresentanti di tutti gli addetti del centro novarese che dal prossimo 3 settembre potrebbero venire “spediti” (come la posta che gestiscono ogni giorno) a lavorare in un altro centro. E nel frattempo vengono lasciati completamente all’oscuro sul proprio destino: ancora nessuna traccia dei colloqui personali che l’azienda si era impegnata ad attuare prima di decidere ogni spostamento del personale. «Già da agosto la posta di Vercelli e Biella viene lavorata a Torino – hanno spiegato i lavoratori – Qui rimane solo quella nostra novarese e quella del Vco. Tra pochi giorni perderemo anche il servizio stampa. Anche in questo caso viene accentrato a Torino. Perderemo più della metà dei prodotti postali finora gestiti. Con il paradosso che già oggi succede che se Torino non riesce a smaltire il carico di lavoro in più, ci chiedono di intervenire noi di Novara. E’ assurdo e non ha una logica in termini di risparmio aziendale…».
Di lavoratori ce ne sono tanti: quasi tutti hanno garantito la loro presenza al gazebo offrendo la loro presenza oltre l’orario di lavoro, sprecando tempo libero e tempo per le rispettive famiglie. C’erano, tra gli altri, Domenico Chiesa, Cesare Bacchetta, Stanislao Bentrovato e Pierangela Tropea. «Anche il servizio cosiddetto di posta pregiata, come le  assicurate, è destinato ad avere tempo più lunghi perché ogni lettera imbucata a Novara, andrà a Torino, verrà smistata e poi restituita a Novara e da qui spedita al destinatario. Prima si facevano pochi chilometri: oggi se ne perdono per ogni lettera 250…».
Sabato primo ottobre lavoratori e sindacati hanno programmato un grande corteo che parte dal Cmp e passa da via Chinotto, corso Risorgimento, viale Dante, corso della Vittoria, corso Cavour e via F.lli Rosselli, passando per Provincia, Prefettura, Comune e duomo. Si partirà alle 10 e lungo il percorso lavoratori e sindacati si dicono«disponibili ad accogliere, e ben volentieri, singoli cittadini e rappresentanti delle istituzioni perché qui si tratta di problemi quotidiani di tutti i novaresi». Oltre al taglio di cento posti di lavoro al Cmp di Novara, Poste Italiane ha in programma di tagliare 30 portalettere in Provincia (9 di questi su Novara città).
Accanto alle proteste dei lavoratori, i sindacati hanno rimarcato tutte le loro perplessità di un’azione aziendale che «ci spaventa perché potrebbe avere come obiettivo la chiusura totale del Cmp novarese». A parlare sono Diego Rossi, Slc-Cgil, Angelo Brocchetto, Slp-Cisl, Giuseppe Simula, Cobas-Ptcub, Massimo Scarpetta, Rsu-Cisl, Angelo Marino, Uil Poste e Raffaele Farinacci, Cobas-Ptcub (assente giustificato Silvio Rea, Failp Cisal). «Non vogliamo che la decisione aziendale venga attuata – dicono i sindacati – Novara perderà un importante centro industriale che serviva le province del quadrante con 200 addetti su 24 ore su 24 offrendo un servizio che la stessa azienda valuta di grande qualità». Qualcuno parla di «follia aziendale» e di «forzatura su mandato del governo» il quale avrebbe dato il via libera alla razionalizzazione aziendale. Lo stesso governo che ha indicato lo scorporo del settore finanziario di Poste Italiane come prioritario per lo sviluppo del “sistema Italia”. «Ma è invece vero il contrario: scorporando i due settori, corrispondenza e finanzia, si vuole tenere solo la parte buona dell’azienda dimenticando che anche nel servizio corrispondenza ci sono ampi margini di investimento, come per la gestione pacchi. Ma l’azienda non ci vuole sentire…». E fanno una controproposta per il Cmp di Novara che passa «dalla riattivazione del servizio di videocodifica in remoto, dal servizio giacenza per Equitalia e dal progetto Bari legato alla gestione ottimale per i portalettere: qui i margini di sviluppo ci sono, non buttiamo via tutto».
Il corteo di sabato sarà l’ennesima occasione per i lavoratori di far sentire la propria voce, sollecitando (ancora una volta) l’interessamento di politici e istituzioni. Da parte sua il vescovo ha già dato la sua disponibilità ad ascoltare i lavoratori fuori dal duomo.

I poteri direttivi fanno scattare la subordinazione

Il Sole 24 Ore del 27 agosto 2012 - Lavoro

Stefano Rossi

Nella stesura della legge 92/2012 di riforma del mercato del lavoro, che ha innovato per il futuro i contratti a progetto, il Governo ha tenuto conto delle problematiche più ricorrenti affrontate negli ultimi anni dalla giurisprudenza e dal solco tracciato dalla Cassazione.
La Suprema corte, impegnata nella difficile ricerca della linea di confine tra lavoro subordinato e lavoro autonomo, ha stabilito, ad esempio, che si ravvisa il lavoro subordinato se il lavoratore a progetto è soggetto al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro. In sostanza, i giudici, con la sentenza 6643 depositata il 2 maggio, hanno affermato che, perché si realizzi lavoro subordinato, in luogo del lavoro a progetto, il datore di lavoro deve impartire specifici ordini, oltre che esercitare un'assidua attività di vigilanza e controllo sull'esecuzione delle prestazioni lavorative.
La Cassazione ha precisato che lo svolgimento di controlli da parte del datore di lavoro è compatibile con ambedue le forme di rapporti. Assume quindi rilievo, per la qualificazione del rapporto come subordinato, solo quando per oggetto e per modalità, i controlli sono finalizzati all'esercizio del potere direttivo ed, eventualmente, di quello disciplinare. Altri elementi, invece, come l'assenza di rischio, la continuità della prestazione, l'osservanza di un orario, la localizzazione della prestazione e la cadenza e la misura fissa della retribuzione, assumono natura meramente sussidiaria e non decisiva (Cassazione 5534/2003, Cassazione 4889/2002). Il lavoratore a progetto, tuttavia, ha visto respingersi il ricorso, stante anche la concreta specificità del progetto inerente la realizzazione e gestione del magazzino aziendale. È evidente, perciò, che nell'ordinario svolgersi del rapporto di lavoro, diventa difficile capire se un contratto a progetto possa definirsi genuino.
Così, la Cassazione, con sentenza 4476 dello scorso 21 marzo, ha affrontato il caso di una lavoratrice di un call center che ricorreva al giudice per vedersi riconosciuta la natura subordinata del contratto a progetto stipulato con la società. La pronuncia, dopo aver ribadito che la distinzione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo è da rinvenire nell'assoggettamento o meno al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore, afferma che è necessario individuare gli elementi della subordinazione che siano in contrasto con la qualificazione di un lavoro a progetto. In particolare, se il lavoratore è pienamente inserito nell'organizzazione della società, utilizzando strumenti e mezzi di quest'ultima senza alcun rischio di impresa e se riceve dall'azienda puntuali ordini di servizio, il contratto da applicare è quello che prevede la subordinazione del lavoratore e non la collaborazione. Nella vicenda, la lavoratrice riceveva istruzioni operative sia in sede di briefing, sia dall'assistente di sala, svolgendo, tra l'altro, gli stessi compiti dei colleghi con contratto subordinato. Altro indice della subordinazione, individuato in particolare dalla giurisprudenza dei tribunali di merito, è la mancanza o specificità del progetto. In realtà, il progetto o il programma, per soddisfare il requisito della specificità, deve consistere in un'attività identificabile e collegabile a un risultato finale o parziale che deve essere diverso da quello della prestazione del servizio fornito dalla società. Peraltro, non è sufficiente la descrizione di un obiettivo ma è necessaria l'individuazione dell'inquadramento organizzativo della prestazione del collaboratore a progetto. Questi due requisiti devono essere indicati nel contratto ai fini probatori (Tribunale di Trieste, 9 aprile 2009).

Il Sole 24 Ore del 27 agosto 2012 - Sez.Lavoro

martedì 28 agosto 2012

I tagli delle Poste: dipendenti verso il trasferimento a Torino e Milano


NOVARA
28.08.2012 - CHIUDE IL CENTRO MECCANIZZATO DI VIA MONTE ROSA A NOVARA

Sabato è in programma la manifestazione in piazza

MARCELLO GIORDANI

Poste Italiane non fa nessuna marcia indietro sul Centro Meccanizzato di Novara in via Monte Rosa e dal 3 settembre inizierà la seconda fase della riorganizzazione. «Sono già stati staccati dalla rete - dice il delegato sindacale Franco Paparo - i macchinari con cui lavoravamo, e dal 3 di settembre inizierà il trasferimento a Torino degli impianti di Novara. Nel frattempo però, siccome siccome a Torino si è accumulato del lavoro per via delle ferie, è stato chiesto di farlo a noi. Non sappiamo ancora nulla dei trasferimenti del personale; intanto resta confermata la grande manifestazione che verrà organizzata a Novara sabato primo settembre».

Le Poste hanno deciso, nell’ambito della riorganizzazione interna, di chiudere il centro di Novara, dove lavorano 180 persone: la lavorazione della corrispondenza per le province di Novara, Vco, Vercelli e Biella verrà fatta a Torino, e dal centro di via Monte Rosa verranno trasferite 99 persone. Poste Italiane ha motivato l’operazione con la sensibile diminuzione dei volumi di corrispondenza, sostituita da quella informatica, ma il sindacato replica il centro di Novara è sempre stato tra i migliori in Italia per efficienza e produttività, è costato otto milioni di euro e quindi il trasferimento a Torino, anzichè un risparmio, costituisce uno sperpero di denaro, oltre alle ripercussioni negative sui lavoratori.

Fonte: LA STAMPA.it Novara
 

Ministero del Lavoro: Interpello n.19 del 1 agosto 2012 sulla decadenza dal diritto di integrazione salariale


INTERPELLO N. 19/2012 
Roma, 1° agosto 2012
Direzione generale per l’Attività Ispettiva 
Prot. 37/0014214 
Assaeroporti 
Assaereo 
Filt-CGIL 
Fit-CISL 
Uiltrasporti 
UGL Trasporti 


Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – decadenza dal diritto di integrazione salariale - art. 8, 
comma 5 della L. n. 160/1988. 

La Assaeroporti (Associazione Italiana Gestori Aeroporti) ha presentato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Direzione generale in ordine alla corretta interpretazione della disposizione di cui all’art. 8, comma 5, L. n. 160/1988, recante norme in materia previdenziale, di occupazione giovanile e di mercato del lavoro. In particolare, l’istante chiede se si possa  ritenere ancora vigente la norma in esame con riferimento alla decadenza del lavoratore dal diritto al trattamento di integrazione salariale, nell’ipotesi in cui quest’ultimo  non abbia provveduto a comunicare preventivamente alla sede provinciale INPS lo svolgimento di attività di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo di fruizione del trattamento stesso. Al riguardo, acquisito il  parere della Direzione Generale per le politiche dei servizi per il lavoro, si rappresenta quanto segue. Al fine di fornire la soluzione al quesito avanzato, occorre trarre le mosse dall’analisi della funzione assolta dalla comunicazione obbligatoria di assunzione, ex art. 4 bis, comma 5, D.Lgs. n. 181/2000. La disposizione in esame è stata introdotta in un periodo in cui non vigeva l’obbligo di comunicazione preventiva dell’instaurazione dei rapporti di lavoro. La norma rispondeva, dunque, prioritariamente all’esigenza di monitorare l’insorgere di causali che determinavano la perdita del trattamento di integrazione salariale per i lavoratori ricollocati sul mercato del lavoro. 2 In tale contesto, si è inserita la novella normativa  ex lege n. 296/2006, con la quale il Legislatore ha disposto l’estensione dell’obbligo di comunicazione preventiva, entro le ore 24 del giorno antecedente a quello di effettiva instaurazione del rapporto di lavoro, a tutti i datori i lavoro e per tutte le tipologie di rapporto di lavoro subordinato, nonché  per alcune tipologie di lavoro autonomo, per il lavoro associato e per le altre esperienze lavorative. Occorre sottolineare, altresì, che l’adempimento in esame, oltre a costituire uno strumento per il monitoraggio della regolarità dei rapporti di lavoro, in un’ottica di semplificazione degli obblighi “comunicazionali”, vale ad esonerare il datore di lavoro ma anche il lavoratore dall’adempimento di ogni altro ed ulteriore obbligo nei confronti degli Enti, connesso  alla comunicazione preventiva dell’instaurazione del rapporto di lavoro, imponendo, dunque, alle PP.AA. di attivarsi per un’efficace cooperazione. Si evidenzia, al riguardo, che il comma 6 dell’art. 4 bis sopra citato stabilisce che “le comunicazioni di assunzione, cessazione, trasformazione e proroga dei rapporti di lavoro autonomo, subordinato, associato, dei tirocini e di altre esperienze professionali (…), sono valide ai fini dell’assolvimento degli obblighi di comunicazione nei confronti delle direzioni regionali e provinciali del lavoro, dell’Istituto nazionale della previdenza sociale, dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro,  o di altre forme previdenziali sostitutive o esclusive (…)”. Il c.d. principio della “pluriefficacia della comunicazione” oramai consolidato consente, pertanto, di  ritenere che non trovi più applicazione, almeno con riferimento alle tipologie lavorative oggetto della comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto, l’obbligo imposto al prestatore di lavoro di comunicare all’Istituto lo svolgimento di attività di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo di integrazione salariale ex art. 8, comma 4, L. n. 160/1988.  Non appare, dunque, possibile far conseguire dall’inosservanza di tale obbligo qualsivoglia conseguenza sanzionatoria a carico del soggetto obbligato. DP MT/ADB IL DIRETTORE GENERALE (f.to Paolo Pennesi)