venerdì 9 maggio 2014

Mozione alla Camera sulla crisi dei call-center



Atto Camera

Mozione 1-00457
presentato da
PALAZZOTTO Erasmo
testo di
Giovedì 8 maggio 2014, seduta n. 225
  La Camera,
   premesso che:
    la crisi del settore dei call-center in Italia non è più sostenibile e senza adeguate misure di contenimento si aprirà a breve un problema molto serio di tenuta occupazionale;
    secondo i dati forniti dai sindacati, infatti, nei prossimi sei mesi potrebbero chiudere alcuni grandi imprese di call center con la conseguente perdita di oltre 10.000 posti di lavoro;
    del resto, gare al massimo ribasso, non solo nel privato ma anche nel pubblico, delocalizzazioni selvagge e procedure di dumping sui mercati esteri stanno mettendo in ginocchio un settore presso il quale operano circa 80.000 persone, tra cui giovani e donne, su tutto il territorio nazionale ed in particolare nel Sud del Paese;
    i problemi principali del settore dei call center derivano, in particolare, dal ricorso frequente al sistema del massimo ribasso nelle gare di appalto che il più delle volte spingono le imprese a delocalizzare la propria attività produttiva in quei Paesi del mondo in cui il costo della manodopera e, come noto, di gran lunga inferiore;
    le gare al massimo ribasso, per altro, oltre a penalizzare la qualità dei servizi di call center nel settore pubblico e privato, non consentono neanche un reale risparmio per la collettività e, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, rappresenta un grave errore continuare a non considerare che i prezzi praticati dalle imprese debbano tenere conto dei costi reali del personale e non solo degli eventuali sgravi eventualmente ottenibili da parte dell'impresa stessa;
    le delocalizzazioni all'estero delle attività produttive di call center, inoltre, avvengono molto spesso senza che venga rispettata la legislazione vigente, tanto da aver spinto le organizzazioni sindacali a denunciare o segnalare tale situazione alla magistratura e segnalare al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al Garante dellaprivacy e all'Antitrust;
    purtroppo, infatti, accade spesso che le aziende che gestiscono i call center non osservino le norme previste dall'articolo 24-bis del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, recante «Misure a sostegno della tutela dei dati personali, della sicurezza nazionale, della concorrenza e dell'occupazione nell'attività svolta da call center»;
    in particolare il comma 2 dell'articolo 24-bisstabilisce che, qualora un'azienda decida di spostare l'attività di call center fuori dal territorio nazionale, debba darne comunicazione, almeno centoventi giorni prima del trasferimento, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali indicando i lavoratori coinvolti, e all'Autorità garante per la protezione dei dati personali, indicando quali misure vengano adottate per il rispetto della legislazione nazionale, in particolare del codice in materia di protezione dei dati personali e del registro delle opposizioni;
    il comma 3 dell'articolo 24-bis stabilisce, inoltre, che in attesa di procedere alla ridefinizione del sistema degli incentivi all'occupazione nel settore dei call center, i benefici previsti dall'articolo 8 della legge 29 dicembre 1990, n. 407, in materia di contratti di formazione e lavoro e assunzioni a tempo indeterminato, non possano essere erogati ad aziende che delocalizzano attività in Paesi esteri;
    purtuttavia, nonostante la presenza e l'incontestabile chiarezza di tali norme, alcune aziende che gestiscono call center non osservano le predette disposizioni e godono comunque degli incentivi pubblici pur delocalizzando;
    inoltre, per quanto risulta ai firmatari del presente atto di indirizzo, nessun operatore che chiama da altri Paesi chiederebbe all'utente italiano se intenda accettare o meno una chiamata dall'estero, con la conseguenza di creare non pochi problemi di tutela dei dati sensibili dei cittadini, considerato che in diversi casi l'utente comunica i propri dati personali e gli estremi della propria carta di credito a operatori che spesso lavorano in Paesi Extra Ue;
    secondo le organizzazioni sindacali, nel 2013, il settore dei call center in outsourcingoccupava 43.000 operatori in bound, in calo rispetto ai 45.000 del 2012, a fronte di 33.500 operatori out bound, in flessione rispetto ai 35.000 del 2012. Il 63 per cento dei lavoratori è concentrato nelle aree del Sud, il 37 per cento al Centro Nord. Il 62 per cento degli operatori in bound è rappresentato da donne, l'83 per cento con contratto part time. Gli operatori out boundvengono assunti con contratti a progetto. L'età media del settore è 30 anni;
    nell'ultimo anno e mezzo è aumentato drasticamente il ricorso a esuberi, cassa in deroga e contratti di solidarietà da parte delle aziende in Italia che, in numerosi casi, affidandosi all’outsourcing, continuano tuttavia a fruire degli incentivi previsti dalla legge n. 407 del 1990;
    sempre secondo fonti sindacali negli ultimi tre anni, fra sgravi procedure di cassa integrazione in deroga e mobilità, mancato versamento contributi, incentivi e quanto altro, le imprese deicall center hanno incassato dallo Stato circa 480 milioni di euro, senza creare nessun nuovo posto di lavoro. Anzi, perdendone piuttosto 15.000;
    si considera un'anomalia del tutto inconcepibile che il Governo, pur dichiarando di adoperarsi per facilitare l'inclusione dei giovani e delle donne nel mondo del lavoro, rimanga inerme di fronte alla sostanziale distruzione in atto di un comparto che impiega circa 80.000 lavoratori, ovverosia più di quanti operano attualmente in Italia presso altre grandi aziende come la Fiat, l'Enel, Telecom Italia, le Ferrovie dello Stato spa;
    uno dei casi più eclatanti in tal senso è rappresentato da Almaviva Contact che fa parte del Gruppo Almaviva, leader italiano nell’information & communication technology e opera a livello globale con 35 sedi e 27.000 persone. È presente anche in Brasile, Tunisia e Cina. In Italia è presente nelle seguenti città: Trento, Milano, Padova, Torino, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli, Rende (Cosenza), Palermo, Catania;
    il Gruppo Almaviva attualmente occupa circa 13.000 persone in Italia e per quanto risulta ai firmatari del presente atto di indirizzo, pur non avendo avviato procedure di delocalizzazione, lamenta comunque come causa della situazione di crisi aziendale e della drastica diminuzione dei volumi di lavoro l'elevato costo degli operatori italiani di Almaviva stessa, rispetto a quello di altricompetitor che hanno delocalizzato all'estero ed anche rispetto ad altri call center italiani che inquadrano i lavoratori al primo e secondo livello non rispettando il contratto collettivo nazionale delle telecomunicazioni;
    di tale criticità risente inevitabilmente Almaviva Contact che, come si è detto, fa parte del Gruppo Almaviva;
    Almaviva Contact è leader di mercato in Italia per aziende private ed enti pubblici nell’outsourcing di servizi. Propone una gamma estesa e innovativa di soluzioni ad alto valore aggiunto come consulting and process reengineering, inbound and outbound services, back office & document management, market analysis, adaptive front-end, multichannel customer solutions e case management & quality monitoring per aiutare i propri clienti a sviluppare una strategia di Customer Experience di successo;
    l'elemento distintivo dell'offerta di Almaviva Contact è l'utilizzo di innovative tecnologie semantiche Almawave, che consentono il riconoscimento del linguaggio naturale per ottimizzare i processi operativi;
    gli operatori di Contact Center, infatti, diventano esperti nella gestione della singola problematica attraverso la valorizzazione dell'informazione destrutturata e grazie al presidio integrato di tutti i canali di contatto;
    i principali clienti di Almaviva Contact sono: Alitalia, Poste Italiane, American Express, Comune di Milano, Comune di Roma, Enel, ENI, Fastweb, Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, INPDAP, INPS, Leasys, Mediaset, Tim, Equitalia, Sky, Vodafone e Wind;
    l'attuale situazione di crisi economica generale e le problematiche che affliggono il mercato specifico come la crisi dei principali settori di riferimento, la contrazione dei volumi, l'abbattimento delle tariffe con riduzione dei margini, la delocalizzazione delle attività al di fuori del territorio italiano, hanno comportato da parte dell'azienda e delle organizzazioni sindacali una continua ricerca di maggiore efficienza e produttività sia attraverso specifici accordi, sia tramite l'identificazione di più adeguate soluzioni logistiche;
    in questo senso sono stati sottoscritti da azienda e sindacati importanti accordi a livello nazionale che hanno consentito sino ad ora di affrontare le criticità senza ricorrere a misure traumatiche nei confronti dell'organico e della salvaguardia dei livelli occupazionali;
    in particolare il 30 maggio 2013 a Roma, presso la Sede di Confindustria Roma, la società Almaviva Contact S.p.A. e le organizzazioni sindacali unitamente alle RSU delle unità produttive di Almaviva Contact hanno sottoscritto un accordo che prevedeva l'utilizzo dello strumento del contratto di solidarietà difensivo al fine di evitare il ricorso a strumenti di intervento più traumatico e gestire al contempo le eccedenze complessivamente dichiarate pari a 2.000 lavoratori;
    tale accordo prevedeva, inoltre, che l'applicazione del suddetto ammortizzatore sociale riguardasse tutti i dipendenti occupati nei siti produttivi di Almaviva Contact spa, inclusi i lavoratori con orario di lavoro a tempo parziale, che hanno carattere strutturale, e prevedesse una riduzione dell'orario di lavoro, articolata per ogni sito produttivo;
    le parti hanno convenuto che il contratto di solidarietà dovesse avere una durata prevedibile di 24 mesi, con decorrenza dal 1o giugno 2013 e sino al 31 maggio 2015;
    nei periodi di sospensione, inoltre, si è stabilito che sarebbero stati attivati tutti i percorsi di riqualificazione necessari per la mobilità tra commesse anche con la pianificazione di ulteriori interventi formativi finalizzati a rafforzare le competenze tipiche di mestiere;
    l'azienda e le organizzazioni sindacali, insieme alle RSU avrebbero poi valutato congiuntamente la possibilità di attivare progetti di formazione continua anche avvalendosi delle diverse forme di finanziamento disponibili;
    il 30 aprile 2014 le Segreterie nazionali del settore telecomunicazioni di SLC CGIL, FISTel CISL e UILCOM UIL hanno chiesto al Ministero dello sviluppo economico l'apertura di un tavolo di confronto inerente le problematiche relative il comparto dei call center e, nello specifico, quelle riferite alla società Almaviva Contact spa;
    nel testo della missiva inviata al Governo e per conoscenza al prefetto di Palermo, all'assessore regionale attività produttive Sicilia, A Confindustria Palermo e ad Almaviva Contact spa si legge che per quanto riguarda il sito di Palermo, nel quale vi è concentrato il più consistente numero di addetti (4065), nei mesi scorsi si è assistito all'apertura di una interlocuzione concertata tra azienda, parti sociali ed istituzioni locali al fine di ricercare una soluzione adeguata in merito alla logistica della sede stessa;
    il Governo dovrebbe adoperarsi con maggiore incisività per trovare una soluzione legislativa tesa contrastare il fenomeno delle delocalizzazioni e del mancato rispetto dei contratti nazionali di lavoro in materia di inquadramento che costringerà a breve alla chiusura di buona parte dei siti produttivi italiani o ad una gara al ribasso in tema di diritti, salario e occupazione;
    potrebbe essere utile intraprendere urgenti iniziative legislative per impedire la delocalizzazione delle attività delle imprese italiane anche alla stregua delle linee tracciate dalla cosiddetta «legge Flonrange» approvata recentemente in Francia ove si prevede che le aziende con almeno mille dipendenti non possano chiudere e delocalizzarsi, prima di avere trovato un acquirente per garantire la continuità aziendale e produttiva. Nel caso di mancato rispetto dell'obbligo, le aziende devono restituire gli aiuti pubblici ottenuti negli ultimi due anni e saranno multate fino al 2 per cento del fatturato;
    sul tema delle delocalizzazioni è intervenuta recentemente anche la legge di stabilità 2014 (comma 60, dell'articolo 1, della legge n. 147 del 2013) ove si prevede che la delocalizzazione di attività in paesi extra-Unione europea fa perdere il diritto ai contributi pubblici in conto capitale ricevuti al fine di salvaguardare il mercato del lavoro e la produzione locale. Detta norma si applica alle aziende che delocalizzano le attività produttive apportando una riduzione del personale pari al 50 per cento;
    sempre la legge di stabilità 2014 ha disposto per l'anno 2014 uno stanziamento di 50 milioni di euro volto al finanziamento dei trattamenti di integrazione salariale per i contratti di solidarietà;
    tale disposizione, a differenza degli ultimi interventi in materia, non ha, però, previsto la proroga della norma che consentiva l'innalzamento dell'integrazione salariale del 20 per cento, prescrivendo un aumento limitato – nella misura del 10 per cento – che attesta l'ammontare dell'importo al 70 per cento del trattamento perso a seguito della riduzione dell'orario di lavoro;
    tale scelta provocherà ricadute negative su migliaia di lavoratori già coinvolti da procedure di diminuzione del reddito;
    anche le ultime modifiche introdotte dal cosiddetto «Decreto Lavoro» (decreto-legge n. 34 del 2014) in materia di contratti di solidarietà non possono considerarsi del tutto soddisfacenti in tal senso, considerato che vengono incrementate le risorse finanziarie per tale finalità, a decorrere dal 2014, con un limite di spesa di soli 15 milioni di euro,
impegna il Governo:
   a convocare immediatamente presso la Presidenza del Consiglio, con il coinvolgimento del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un tavolo di confronto con tutte le parti interessate finalizzato ad affrontare in modo energico le problematiche sottese alla crisi dei call center in Italia per dare finalmente risposte ai circa 80.000 lavoratori che operano in tale comparto nel nostro Paese e valutare l'adozione di possibili provvedimenti normativi per regolamentare diversamente il settore in questione;
   ad aprire con urgenza presso il Ministero dello sviluppo economico un tavolo specificamente dedicato ad Almaviva al fine di trovare una soluzione positiva alla crisi produttiva di un gruppo particolarmente significativo nel nostro Paese considerati gli effetti particolarmente pregiudizievoli che si potrebbero determinare in termini occupazionali per circa 13.000 lavoratori;
   a fornire dati certi in merito alle attività di delocalizzazione che hanno interessato, fino ad oggi, i servizi di call-center;
   a verificare se tali attività siano avvenute nel rispetto dell'obbligo di cui all'articolo 24-bis, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134;
   ad adottare ogni iniziativa di competenza finalizzata ad assicurare le condizioni di pieno e univoco rispetto della normativa di cui all'articolo 24 del decreto-legge n. 83 del 2012 e ad avviare le opportune iniziative di competenza finalizzate ad assicurare la tutela dei dati sensibili dei cittadini alla luce delle considerazioni espresse nelle premesse precedenti;
   a porre in essere ogni atto di competenza finalizzato a rivedere la disciplina del massimo ribasso nelle gare di appalto;
   a informare il Parlamento circa gli effetti derivanti dall'applicazione della legge di stabilità 2014 (comma 60, dell'articolo 1, della legge n. 147 del 2013) in materia di delocalizzazioni valutandone la piena estensione anche nel comparto dei servizi di call center;
   a valutare l'opportunità di adottare urgenti iniziative per impedire il fenomeno della delocalizzazione anche ispirandosi ai principi previsti dalla cosiddetta «legge Flonrange» approvata recentemente in Francia, ove si stabilisce che le aziende con almeno mille dipendenti non possano chiudere e delocalizzarsi, prima di avere trovato un acquirente per garantire la continuità aziendale pena la restituzione degli aiuti pubblici ottenuti negli ultimi due anni e il versamento di una sanzione amministrativa fino al 2 per cento del fatturato;
   ad adottare urgenti iniziative finalizzate a salvaguardare il reddito dei lavoratori interessati dai contratti di solidarietà, anche mediante la previsione di disposizioni che, incrementando l'ammontare del trattamento di integrazione salariale e ripristinando la percentuale di riferimento prevista antecedentemente all'approvazione della legge di stabilità 2014, tengano conto concretamente delle esigenze dei lavoratori.
(1-00457) «PalazzottoMiglioreDi SalvoAiraudo,FerraraBoccadutriPiazzoniLacquanitiNicchi,ScottoDurantiFranco BordoCostantino,PannaraleMatarrelliZanRicciatti».

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