sabato 8 marzo 2014

Fumo passivo in ufficio, maxi risarcimento ad un ex impiegato delle Poste

La Corte di Appello di Messina, sezione Lavoro, ha confermato la condanna inflitta in primo grado alle Poste Italiane S.p.A. di risarcire un suo ex dipendente B. F. con un maxi assegno pari ad € 174.176,00 perché ritenuta responsabile di non aver garantito un ambiente di lavoro salubre a causa del fumo passivo.
Il protagonista di questo caso giudiziario, oggi ottantacinquenne, per anni ha dovuto lavorare in un ufficio postale con le finestre sigillate, accanto a colleghi con le sigarette sempre accese tra le mani, inalando, suo malgrado, le particelle cancerogene sprigionate dalla combustione delle stesse. Andato in pensione nel 1994, sei anni dopo, nel 2000, si manifestò in tutta la sua gravità la malattia, un tumore alla faringe, che lo ha costretto a un’operazione demolitiva di “faringo laringectomia totale con plastica faringo esofagea” che ha compromesso l’uso delle corde vocali provocandogli afasia e, per la successiva radioterapia, la perdita di tutti i denti costringendolo a nutrirsi solo con liquidi. L’ex impiegato, che non ha mai fumato in vita sua, aveva un tipico tumore da fumatore che gli ha cambiato per sempre la vita. Così nel 2008 il pensionato si è deciso a rivolgersi all’avvocato Gianluca Pantano del foro di Barcellona, che ha dato corso al procedimento contro Poste Italiane S.p.A. chiedendo il riconoscimento dei gravi danni alla salute subiti per violazione degli obblighi previsti dall’art. 2087 c.c. e dei principi costituzionali previsti dagli artt. 32 e 41. Dopo una lunga battaglia processuale, il 19 gennaio 2011, è arrivata la prima pronuncia emessa dal Giudice del Lavoro di Messina, Dott.ssa Catarsini, il quale avvalorando la tesi difensiva avanzata dall’Avv. Pantano, riconosceva che “l’articolo 2087 del Codice civile impone al datore di lavoro di adottare tutte quelle misure che, in relazione alla natura dell’attività svolta, all’esperienza e alla tecnica, valgono a preservare la salute del lavoratore”, quindi “il datore di lavoro in attuazione del disposto art. 2087 c.c. è tenuto non solo alla predisposizione delle misure tassativamente previste dalla legge a tutela del lavoratore, ma anche di quelle che in relazione alle conoscenze di un determinato momento storico, siano idonee a garantire l’idoneità psicofisica dello stesso”. Nel contempo riconosceva anche che “la pericolosità del fumo cosiddetto “involontario” era ben nota nel nostro Paese all’epoca dei fatti tant’è che già nel 1975 era entrata in vigore una normativa che vietava il fumo in determinati ambienti sensibili, come le corsie degli ospedali, le aule delle scuole, le metropolitane, i cinema”, per non dimenticare la circostanza che già con D.M. del 31 luglio 1990, in attuazione della direttiva 89/622/CE, lo Stato Italiano impose l’obbligo di indicare sui pacchetti di sigarette la percentuale di nicotina e di catrame ivi contenuta e di stampare su di essi delle frasi di avvertimento ben in vista, tra cui anche “IL FUMO PROVOCA IL CANCRO” – “IL FUMO UCCIDE”, in modo da avvertire l’opinione pubblica che il fumo fosse un elemento altamente tossico e nocivo per la salute. Le Poste Italiane non soddisfatte delle motivazioni pronunciate dal Giudice di prime cure ricorrevano in Appello, attraverso l’Avv. Gaetano Granozzi, chiedendo in via cautelare la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza impugnata e/o dell’esecuzione, e nel merito di riformare e annullare la Sentenza impugnata. Condotta che costringeva l’ex dipendente, sempre tramite il patrocinio dell’Avv. Gianluca Pantano, a costituirsi in giudizio per tutelare i propri diritti. Dopo il rigetto della sospensione cautelare e l’elaborazione di una nuova C.T.U., che riaffermava il nesso di causalità tra la patologia neoplastica e il fumo passivo inalato durante lo svolgimento delle attività lavorative, l’iter processuale, pendente presso la Corte di Appello di Messina, sezione Lavoro, (Pres. Dott.ssa A. T. Rizzo, consigliere relatore Dott. L. Villari e consigliere Dott.ssa E. Sturniolo), si concludeva con la conferma della Sentenza di primo grado e il contestuale rigetto del ricorso avanzato dalle Poste Italiane. In attesa di conoscere le motivazioni della Corte di Appello di Messina non si può sottacere, la straordinaria valenza della decisione sia in merito alla pericolosità del fumo passivo sia per la tutela dei lavoratori nei luoghi di lavoro.
24orelive.it
Barcellona News
Redazione 8 marzo 2014

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