venerdì 15 febbraio 2013

Ex direttore delle Poste accusato di peculato


13/02/2013 06:06

Ex direttore delle Poste accusato di peculato

Nel mirino degli investigatori un maxi ammanco di cinquecentomila euro


Nell'arco di due anni si sarebbe appropriato indebitamente di 500mila euro dal bancomat postale dell'ufficio di Teramo 2. Accuse gravi, che nei giorni scorsi sono costate all'ex direttore della filiale, C.D.T. di 57 anni, una richiesta di rinvio a giudizio con l'accusa di peculato. Una richiesta arrivata sul tavolo del gip che adesso dovrà fissare la data dell'udienza preliminare.
I fatti contestati all'uomo, oggi al lavoro in un altro ufficio, risalgono agli anni tra il 2009 e il 2011 quando lavorava come direttore nell'ufficio postale di Via Noè Lucidi. Ufficio dal quale, secondo l'accusa, avrebbe fatto sparire quasi mezzo milione di euro.
A far partire le indagini, quasi due anni fa, una denuncia delle stesse Poste scattata dopo un'ispezione interna, nel corso della quale gli ispettori avevano verificato una discrasia tra i soldi presenti nell'Atm e quelli registrati. Un maxi ammanco, dunque, con il fascicolo finito sul tavolo del pm Davide Rosati che all'epoca delegò le indagini alla Polizia postale. Indagini dalle quali sarebbe emerso come l'indagato, proprio in virtù della posizione di direttore della filiale, nel corso di circa due anni avrebbe sistematicamente sottratto delle somme di denaro, caricando nello sportello bancoposta meno soldi di quelli che venivano registrati. Una sottrazione costante e continua di piccole somme che alla fine l'avrebbero portato ad accumulare un vero e proprio tesoro.
Almeno secondo quanto messo nero su bianco dalla Procura di Teramo, che all'epoca fece sequestrare anche il computer in uso all'uomo. Computer di cui l'ormai ex direttore dell'ufficio aveva chiesto il dissequestro, con la richiesta bocciata dal tribunale del riesame.
Nel corso delle indagini l'uomo, che all'epoca fu ascoltato dagli inquirenti, avrebbe sempre negato ogni addebito puntando il dito contro un malfunzionamento del bancoposta. Malfunzionamento che però non sarebbe mai stato segnalato. Tanto che gli stessi giudici del riesame, nel respingere la richiesta di dissequestro del computer dell'uomo, avevano sottolineato come all'importo di quasi 500 mila euro si fosse arrivati «con il passare del tempo senza che siffatte anomalie, delle quali l'indagato ha dichiarato, in sede di verifica a sorpresa, di essere a conoscenza, fossero mai state dallo stesso segnalate nonostante la posizione di custodia rivestita nella giacenza del Cash dispencer e l'obbligo sul medesimo incombente di verificare costantemente le operazioni».
Una difesa quella dell'ex direttore dell'ufficio di Via Noè Lucidi che fino ad oggi non ha dunque convinto giudici e Procura, con il pm Davide Rosati che dopo aver firmato l'avviso di conclusione delle indagini ha chiesto per l'uomo il rinvio a giudizio. Adesso il primo banco di prova per le accuse mosse dalla Procura sarà quello dell'udienza preliminare, che dovrebbe essere fissata a breve e nel corso della quale il giudice dovrà decidere se mandare o meno a processo l'uomo.
Alessia Marconi
IlTempo.it

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