lunedì 25 marzo 2013

Il TAR Salerno, con la sentenza 534/13 del 05/03/2013, ha accolto il ricorso presentato dal Comune di Roccadaspide (Salerno), difeso dall’Avv. Lorenzo Lentini, con cui impugnava il provvedimento assunto dalle Poste Italiane di chiusura dell’Ufficio postale della contrada Fonte.



Ufficio Postale di Fonte


N.00534/2013REG.PROV.COLL.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1810 del 2012, proposto da:
Comune di Roccadaspide, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Lorenzo Lentini, con domicilio eletto in Salerno, c.so Garibaldi n. 103; 
contro
Poste Italiane s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv. Angelo Clarizia, Cesare Graniero e Marco Filippetto, con domicilio eletto in Salerno, via Paradiso di Pastena;
Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in Salerno, corso Vittorio Emanuele n. 58; 
per l'annullamento
della nota del 16.11.2012, con la quale il Direttore della Filiale di Sala Consilina di Poste Italiane s.p.a. ha disposto la chiusura dell’ufficio postale della frazione Fonte, delle successive note di differimento, nonché di tutti gli atti presupposti e connessi

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Poste Italiane s.p.a., del Ministero dello Sviluppo Economico, del Ministero dell'Economia e delle Finanze e dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2013 il dott. Ezio Fedullo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Considerato preliminarmente, in punto di giurisdizione, che quella esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. c) cod. proc. amm., abbraccia anche "le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi";
Ritenuto che la controversia in esame, pur non inerendo direttamente al rapporto tra ente concedente e soggetto concessionario, presenti uno stretto collegamento con la concessione in forza della quale la società resistente eroga il servizio postale universale, avendo ad oggetto le modalità organizzative di erogazione dello stesso e la loro conformità alla disciplina regolatrice del rapporto concessorio;
Ritenuto altresì che, a sostegno dell'attrazione della controversia de qua nel perimetro giurisdizionale esclusivo del giudice amministrativo, possano essere utilmente invocati, in via analogica, gli artt. 1 ss. del d.lgs. 20 dicembre 2009, n. 198 (Attuazione dell'articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici), i quali, ugualmente affidandone la cognizione al giudice amministrativo in sede esclusiva (art. 1, comma 7), delineano un rimedio i cui connotati tipologici presentano strette affinità con quelli caratterizzanti l'azione esercitata con il ricorso in esame, ovvero:
- la finalizzazione al ripristino della corretta erogazione del servizio pubblico interessato (art. 1, comma 1);
- la valenza rappresentativa ed esponenziale - equiparabile a quella di una associazione o comitato (art. 1, comma 4) - del Comune ricorrente, titolare "mediato" degli interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei degli utenti residenti nel relativo territorio;
- la veste di concessionario del servizio pubblico postale della società evocata in giudizio (art. 1, comma 1);
- la derivazione, dall'atto impugnato, di una lesione diretta, concreta ed attuale degli interessi degli utenti del servizio postale, identificabile nelle nuove e più gravose condizioni di accesso al servizio medesimo conseguenti alla soppressione degli uffici con lo stesso disposta (art. 1, comma 1);
Evidenziato peraltro che il ricorso in esame non è compiutamente riconducibile allo schema normativo delineato dalle disposizioni appena citate (e quindi si sottrae alla verifica della sussistenza delle relative condizioni processuali, a cominciare dall'assolvimento dell'obbligo del soggetto leso di notificare, preliminarmente al ricorso, una diffida al concessionario del pubblico servizio, ex art. 3, comma 1, d.lvo cit.), afferendo esso alla legittimità di un atto che, per la sua natura organizzativa, si colloca a monte della concreta erogazione del servizio, la conformità del quale alla carta dei servizi ed agli standards qualitativi ed economici stabiliti dall'Autorità di vigilanza costituisce, invece, l'oggetto precipuo del giudizio ex art. 1 d.lvo n. 198/2009;
Rilevato anzi che l'attribuzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ex art. 1 d.lvo n. 198/2009, delle questioni attinenti alla fase della erogazione del servizio (rectius, alla sua conformità ai relativi standards qualitativi), investenti diritti soggettivi degli utenti, giustifica, a fortiori, l'attribuzione al medesimo giudice delle controversie inerenti alla legittimità delle scelte organizzative dei soggetti concessionari, siccome tendenzialmente incidenti su posizioni di interesse legittimo degli utenti;
Ritenuta a tale riguardo l'irrilevanza, ai fini della determinazione del perimetro giurisdizionale amministrativo, della connotazione formale - pubblica o privata - del soggetto nei cui confronti venga presentata l'istanza di tutela, assumendo invece carattere decisivo la natura - privatistica o pubblicistica,rectius amministrativa - della funzione esercitata, la quale prescinde dalla veste formale del soggetto agente, come si evince dai seguenti univoci dati normativi:
- art. 133, comma 1, lett. c) cod. proc. amm., cit., laddove estende la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo alle controversie "relative a provvedimenti adottati dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo";
- art. 1, comma 1 ter, l. n. 241/1990, ai sensi del quale "i soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei criteri e dei princìpi di cui al comma 1, con un livello di garanzia non inferiore a quello cui sono tenute le pubbliche amministrazioni in forza delle disposizioni di cui alla presente legge";
- art. 29, comma 1, l. cit., ai sensi del quale "le disposizioni della presente legge si applicano, altresì, alle società con totale o prevalente capitale pubblico, limitatamente all’esercizio delle funzioni amministrative";
Rilevato in proposito che il proprium della funzione amministrativa consiste nella regolazione di interessi plurimi, eterogenei e tendenzialmente confliggenti, in vista del perseguimento prioritario di un interesse di carattere generale o collettivo, e quindi nella funzionalizzazione a quest'ultimo, ad opera di fonti normative sovraordinate, della medesima attività regolatrice, sulla scorta di norme e principi atti ad assicurare il contemperamento tra i suddetti molteplici e variegati interessi, caratterizzandosi la contrapposta area dell'autonomia privata per la "libertà nel fine" che ne connota le estrinsecazioni;
Evidenziato altresì che, su di un piano generale, la titolarità in capo ad un ente, pubblico o privato, di una funzione amministrativa è compatibile con la contestuale gestione, da parte dello stesso, di un pubblico servizio, pur se a carattere imprenditoriale, identificandosi la prima nell'attività - di carattere organizzativo o latamente normativo - intesa a disciplinare, in via generale, le modalità di erogazione del servizio, distinta in quanto tale dalla seconda, avente invece carattere meramente materiale e/o esecutivo;
Ritenuto pertanto necessario verificare la presenza nel caso in esame, accanto ad una attività organizzativa (quindi intrinsecamente regolatrice di interessi molteplici), dell'ulteriore requisito concorrente al riconoscimento di una funzione amministrativa di ordine pubblicistico, ovvero la sua prioritaria finalizzazione al perseguimento di un interesse di carattere generale e/o collettivo;
Ritenuto che siffatta finalizzazione sia in primo luogo evincibile, con riguardo al servizio postale universale, dall'art. 1, comma 1, d.lgs 22 luglio 1999, n. 261 (Attuazione della direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio), ai sensi del quale "la fornitura dei servizi relativi alla raccolta, allo smistamento, al trasporto ed alla distribuzione degli invii postali nonché la realizzazione e l'esercizio della rete postale pubblica costituiscono attività di preminente interesse generale";
Ritenuto inoltre che sia individuabile, nel tessuto normativo, la soggezione dell'attività organizzativa del soggetto concessionario del servizio postale universale ai principi generali del diritto amministrativo, quale garanzia di contemperamento del suddetto interesse generale con gli altri interessi compresenti, a cominciare dal principio di ragionevolezza, il quale, sebbene indicato come criterio informatore dell'attività di regolamentazione dell'Autorità di vigilanza ai fini della "individuazione dei punti del territorio nazionale necessari a garantire una regolare ed omogenea fornitura del servizio", "incluse le situazioni particolari delle isole minori e delle zone rurali e montane" (ex artt. 2, comma 4, lett. c), e 3, comma 5, lett. c) d.lgs cit.), non può non fungere, in mancanza (o nell'attesa) di siffatti criteri, quale parametro di valutazione, anche in sede giurisdizionale, dell'attività organizzatrice del concessionario medesimo;
Rilevato altresì, ad ulteriore dimostrazione della necessità di contemperare, nella gestione del servizio postale universale, le esigenze di economicità gestionale, proprie dello schema societario, e quelle di carattere pubblicistico, insite nel carattere universale del servizio (ed ulteriormente declinate, sul piano normativo, nelle sue finalità di "garantire il rispetto delle esigenze essenziali", di "offrire agli utenti, in condizioni analoghe, un trattamento identico", di "evolvere in funzione del contesto tecnico, economico e sociale, nonché delle esigenze dell'utenza", ex art. 3, comma 8, lett. a), b) ed e) d.lvo n. 261/1999, nonché di svolgere "un ruolo fondamentale nella funzione di coesione sociale ed economica sul territorio nazionale", ai sensi del contratto di programma), che è prevista la possibilità del concorrente finanziamento pubblico degli oneri per la fornitura del servizio universale (art. 3, comma 12, d.lvo cit.);
Ritenuto in conclusione che l'atto organizzativo impugnato sia espressivo di una funzione amministrativastricto sensu intesa, pur se affidata ad un soggetto societario, e che quindi sia infondata l'eccezione di difetto di giurisdizione formulata dall'ente resistente;
Ritenuto che ad identica conclusione debba pervenirsi quanto alla ulteriore eccezione da questo formulata, di inammissibilità del ricorso per carenza di interessa in capo al Comune ricorrente, in quanto l'azione proposta da quest'ultimo, quale ente esponenziale degli interessi dei cittadini residenti, non sarebbe rivolta al mantenimento del servizio pubblico postale, ma dei servizi di riscossione delle pensioni e di pagamento dei bollettini postali, estranei all'ambito dell'attività pubblica postale;
Evidenziato infatti che, pur così impostata la connotazione teleologica del ricorso (fermo restando che la stessa non trova alcun riscontro oggettivo, tenuto anche conto che il servizio postale strettamente inteso è normativamente diretto alla salvaguardia delle esigenze essenziali dei cittadini, di cui l'ente locale è istituzionalmente portatore), ben può ammettersi che il Comune ricorrente, facendo valere la violazione di principi propri ed esclusivi del servizio postale universale, intenda strumentalmente perseguire la conservazione (anche) di servizi a questo connessi ed accessori;
Ritenuta, nel merito, la fondatezza della censura con la quale viene lamentata la violazione dei "criteri di distribuzione dei punti di accesso alla rete postale pubblica" di cui al D.M. 7 ottobre 2008;
Premesso che il contratto di programma 2009-2011 tra il Ministero dello Sviluppo Economico e Poste Italiane s.p.a. espressamente richiama i citati criteri, alla stregua dei quali (cfr. art. 2, comma 6) deve essere redatto il piano annuale degli interventi per la razionalizzazione della gestione degli uffici postali che non garantiscono condizioni di equilibrio economico;
Rilevato altresì che lo stesso atto impugnato, così come quelli preparatori e presupposti (cfr. la nota del 16.2.2012, di invio del piano degli interventi all'Autorità di vigilanza, nonché lo stesso piano degli interventi in attuazione del quale il primo è stato adottato) assicurano che la decisione di sopprimere gli uffici postali oggetto di controversia è conforme ai criteri recati dal citato D.M.;
Rilevato invece che, come emerge dall’attestato del Responsabile del Servizio di Polizia Municipale del Comune ricorrente del 30.11.2012, allegato al ricorso, il conservato ufficio postale di Roccadaspide dista km. 10,4 circa dal luogo di residenza della popolazione della frazione Fonte, interessata dal provvedimento di soppressione, ovvero è ubicato ad una distanza superiore a quella massima, di km. 6, prevista dall'art. 2, comma 2, D.M. cit. per il 97,5 % della popolazione nazionale (senza che sia dimostrato dalla parte resistente che tale percentuale è già soddisfatta dalla restante rete pubblica postale);
Rilevato che a non diversa conclusione deve pervenirsi qualora si assuma a riferimento la distanza indicata nel provvedimento impugnato, pari a km. 5.2, emergendo in tal caso, la carenza istruttoria e motivazionale del provvedimento impugnato, sotto il profilo del mancato rispetto del limite di distanza minima prescritto dal d.m. cit. per il 92,5 % del territorio nazionale;
Ritenuto in proposito che non rilevi che, per ipotesi, i suddetti limiti di distanza, riferiti all’intero territorio nazionale, già non siano rispettati, non potendo ammettersi che, per effetto del provvedimento impugnato, si determini l’aggravamento dell’eventuale violazione già in atto degli stessi;
Rilevato altresì che l'atto impugnato, per la sua laconicità motivazionale, non consente di verificare, quale presupposto per l’esplicazione del suddetto sindacato di ragionevolezza, i dati sui quali lo stesso si fonda, con particolare riferimento al risparmio conseguibile con la chiusura dell’ufficio postale oggetto di controversia (ovvero, di riflesso, agli oneri che il suo mantenimento comporta), onde confrontarli con il pregiudizio per le esigenze degli utenti derivante dalla chiusura;
Ritenuta, invece, l’infondatezza delle ulteriori censure, ed in particolare di quella intesa a lamentare che la società resistente ha omesso di fatto di subordinare "l'effettiva implementazione del piano agli esiti della consueta interlocuzione con le istituzioni locali", alle quali si è invece limitata a comunicare la decisione, già formata e di fatto irreversibile, di procedere alla soppressione dell’ufficio postale oggetto di controversia;
Considerato che effettivamente la società resistente si era auto-vincolata a porre in essere, come avvenuto in occasione dell'attuazione dei piani degli interventi relativi agli anni precedenti (cfr. la citata nota dell'Amministratore Delegato del 16.2.2012), un’attività di confronto con gli enti pubblici interessati in vista dell’attuazione del processo di razionalizzazione ( cfr., sul punto, la stessa pag. 5 del piano degli interventi, prodotto in giudizio dai difensori della società resistente, laddove si afferma che "come per gli scorsi anni, la chiusura effettiva di ogni ufficio postale sarà subordinata ai consueti confronti che saranno avviati sul territorio con le autorità e con gli altri interlocutori istituzionali e associativi a livello locale");
Ritenuta altresì la rilevanza non meramente formale, alla luce dell'esperienza pregressa, della suddetta eventuale omissione, atteso che, con lo stesso citato piano degli interventi (punto 3), si ammette che "alla luce del confronto intervenuto con le realtà locali, per ragioni di opportunità il piano 2011 ha subito una significativa riduzione degli interventi programmati";
Considerato tuttavia che, alla luce della documentazione prodotta in giudizio, siffatta attività di confronto risulta essere stata attuata, con la mediazione del Prefetto di Salerno, seppur con esiti diversi da quelli auspicati dalla parte ricorrente;
Ritenuto del resto che non sia predicabile, in capo alla società resistente e quale presupposto del processo di riorganizzazione, l’acquisizione del consenso dell’ente locale interessato;
Evidenziato infatti che è bensì vero che l'art. 2, comma 8 del contratto di programma, nel prevedere che la società concessionaria, nella "ridefinizione della propria articolazione base del servizio secondo parametri più economici", può "concordare eventualmente con le autorità locali una presenza più articolata nelle singole aree territoriali, i cui costi non siano a carico della società stessa", prevede la possibilità di attuare, con il concorso delle amministrazioni locali, una articolazione della struttura organizzativa non perfettamente in linea con i parametri di economicità, ma meglio rispondente alle esigenze degli utenti;
Rilevato tuttavia che siffatta possibilità, per il suo carattere eventuale, non può condizionare la legittima attuazione del processo di razionalizzazione;
Ritenuto quindi che la proposta domanda di annullamento sia meritevole di accoglimento, alla luce degli accertati vizi di illegittimità, mentre può dichiararsi l'assorbimento delle censure non esaminate;
Ritenuto infine che la novità caratterizzante l'oggetto della controversia giustifichi la statuizione di compensazione delle spese di giudizio sostenute dalle parti, fermo il diritto della parte ricorrente al rimborso del contributo unificato;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione Staccata di Salerno, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 1810/2012, lo accoglie ed annulla per l’effetto il provvedimento impugnato.
Spese compensate, fermo il diritto della parte ricorrente al rimborso del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Salerno nella camera di consiglio dei giorni 24 gennaio e 7 febbraio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Onorato, Presidente
Francesco Mele, Consigliere
Ezio Fedullo, Consigliere, Estensore




 
 
L'ESTENSOREIL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/03/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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