lunedì 25 marzo 2013

Interessante sentenza pubblicata oggi dal TAR – Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – sede di Roma. Un dipendente ha chiesto l’applicazione della legge 104/92 per essere trasferito al proprio domicilio e assistere la propria nonna affetta da handicap grave. Il TAR accoglie la richiesta in meno di due mesi dalla presentazione del ricorso e annulla la nota di rigetto dell’istanza di trasferimento. Ora il dipendente può finalmente essere trasferito per assistere la nonna.



TAR - Camera di Consiglio



N. 03019/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01983/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1983 del 2013, proposto da:
 
XXXXXXXX, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Carlo Parente, con domicilio eletto presso Giovanni Carlo Parente in Roma, via Emilia, 81;
 
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
per l'annullamento
della nota DGAP-0027441-2013 del 23.1.2013 del Ministero della Giustizia - D.A.P.- di rigetto istanza di trasferimento ai sensi della L. 104/92.


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2013 il dott. Giampiero Lo Presti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;


Premesso che il ricorrente, agente scelto della Polizia Penitenziaria in forza alla casa circondariale di Bologna, ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, con il quale è stata rigettata la sua istanza di trasferimento avanzata ai sensi della legge n. 104/1992 per potere assistere la nonna affetta da handicap grave, in quanto la documentazione acclusa non sarebbe stata sufficiente a provare che l’istante sia l’unico familiare in grado di assistere il congiunto disabile;
Considerato che il ricorrente sostiene che vi sarebbe continuità ed esclusività nel rapporto assistenziale con il congiunto disabile, e produce in proposito documentazione in atti, e che, comunque, si tratterebbe di requisiti non più necessari per ottenere il trasferimento nella sede più vicina al proprio domicilio;
Ritenuto che il ricorso è fondato, nella parte in cui lamenta il contrasto della motivazione dell’atto impugnato con l’art. 33 comma 5 della legge n. 104/92, nella stesura modificata dalla legge n. 183 del 2010;
Ritenuto in particolare che:
-) l'art. 33, co. 5, nella stesura modificata dalla l.n. 53/00, stabiliva: "Il genitore o il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede";
-) la modifica apportata dalla l.n. 183 del 2010 è proprio consistita nella eliminazione anche del requisito della continuità e pertanto la norma attualmente recita: "Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede" (ove "il lavoratore di cui al comma 3" è appunto "il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona ..."), sicché non è più consentito all'amministrazione motivare il diniego di trasferimento ex art. 33, co. 5 della legge n. 104 del 1992, basandosi sul requisito della continuità ed esclusività assistenziale, venuti meno con modifiche normative recenti, ma antecedenti alla presentazione della domanda (in termini, Cons. Stato, III, 7 marzo 2012 n. 1293 e 26 ottobre 2011 n. 5725, Tar Lazio, I quater, 23 giugno 2011, n. 5581).
-) non a caso tutta la giurisprudenza, come anche le circolari, menzionate dall'amministrazione a supporto del diniego sono antecedenti alla modifica apportata dalla l.n. 183 cit..
-) che il Tribunale ritiene non condivisibile l'orientamento secondo cui la nuova disciplina potrà trovare applicazione per il personale appartenente alle Forze Armate, alle Forze di Polizia, nelle quali rientra la Polizia Penitenziaria, al Corpo Nazionali dei VV.FF. solo quando verranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi previsti dall'art. 19 della richiamata legge, sulla "specificità delle Forze armate, delle Forze di Polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco" dovendosi tener conto, con riguardo agli appartenenti ai detti organismi, "della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti", con la conseguenza che in assenza dei provvedimenti attuativi, dovrebbe continuare ad applicarsi la disciplina pregressa.
-) che, infatti, ad avviso del Collegio, l'art. 19 è norma programmatica che non si pone in diretta relazione con le altre disposizioni di dettaglio del c.d. "collegato lavoro", tant'è vero che diversi articoli della stessa legge (es. artt. 28 e 29) riguardano proprio le Forze di Polizia; e che deve escludersi, dunque, che sia inibita l'immediata operatività della novella dell'art. 33 l.n. 104 cit. per il personale di polizia (così adesso Cons. St., IV, 30 luglio 2012 n. 4291).
-) che la specificità degli ordinamenti di polizia può già essere tenuta in considerazione nell'esame delle istanze di trasferimento ex art. l.n. 104/92, in virtù dell'inciso "ove possibile", presente anche nella nuova formulazione della norma in esame, che permette di apprezzare le esigenze organizzative e funzionali connesse al servizio da svolgere; e che, nel caso in esame, peraltro, non sono state rappresentati dall'amministrazioni ostacoli al trasferimento connessi alle esigenze del servizio.
Ritenuto conclusivamente che il ricorso può essere accolto, con conseguente pronuncia di annullamento dell’atto impugnato; e che le spese del giudizio possono essere compensate anche in ragione della natura della controversia;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Giampiero Lo Presti, Consigliere, Estensore
Marco Bignami, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/03/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)



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