«I 27 uffici postali della provincia di Verona? Al momento non è previsto alcun taglio». La notizia, che spazza via allarmismi e polemiche che si trascinano ormai da un mese, arriva da Gianfranco Bedendo, direttore di Poste Italiane di Verona, invitato ieri ai Palazzi Scaligeri in occasione dell'incontro organizzato dalla prima e dalla sesta commissione provinciale. «Quei 27 uffici postali di cui si sta tanto parlando», ha spiegato Bedendo, «sono citati in un report sulle strutture di recapito che non garantiscono l'equilibrio economico: un rapporto che ogni anno Poste Italiane deve inviare all'autorità di vigilanza, l'AgCom. Ora, sulla possibilità di tenere aperti questi uffici verrà fatta una valutazione che richiederà tempo, non quantificabile. Non mi sento quindi di dire che non verrà chiuso alcun ufficio, ma nemmeno che ne verranno chiusi 27. Tra l'altro», ha svelato Bedendo, «gli uffici del veronese dove non c'è pareggio tra costi è ricavi sono molti più di 27. Ci sono sportelli che hanno in media 9 clienti al giorno». Non c'è quindi alcun piano di chiusura, materia che andrebbe preliminarmente discussa con gli enti locali. Quello che Poste Italiane si propone di fare per i prossimi mesi, è la creazione di prodotti e di convenzioni dedicate alle piccole amministrazioni locali, finalizzate al sostegno dei singoli uffici. «Servono sinergie concrete con i Comuni», ha aggiunto il direttore, «non solo accordi di facciata: c'è amarezza nel vedere che quei sindaci che ci sollecitano la presenza sul territorio, si rivolgano poi ad altri operatori per le proprie pratiche». A questo proposito, nei giorni scorso l'Associazione nazionale comuni e Poste Italiane hanno ribadito l'impegno per mantenere la capillarità della rete di uffici postali su tutto il territorio. In una nota firmata dal presidente dell'associazione, Graziano Delrio, e dall'amministratore delegato di Poste Italiane Massimo Sarmi, si spiega che «si proseguirà nel comune impegno mirato alla ricerca di adeguate forme di collaborazione e di condivisione per ampliare i servizi resi dagli uffici postali, fino a farne sportelli multi servizi in grado di fornire ai cittadini, non solo i tradizionali prodotti postali e finanziari, ma anche servizi innovativi sviluppati in collaborazione con le pubbliche amministrazioni». Un accordo che avrà ricadute locali. Nella Sala Rossa dei Palazzi Scaligeri erano presenti anche alcuni rappresentanti dei comuni coinvolti dalle chiusure: il primo cittadino di Sant'Ambrogio Nereo Destri, la delegata per Dolcè Silvana Leva, il sindaco di Colognola ai Colli Alberto Martelletto e il vicesindaco di Villa Bartolomea Mirko Bertoldo, questi ultimi due firmatari di due mozioni presentate nelle scorse settimane. «La chiusura degli uffici postali», ha spiegato Martelletto, «rappresenterebbe soprattutto un disagio sociale per i cittadini anziani. Privilegiare il business a scapito del servizio, è questo l'obiettivo di Poste Italiane? Io fatico a capire la logica di determinate scelte, ma deve esserci un metodo che stabilisca quale ufficio potrà stare aperto e quale dovrà chiudere, così come successo con le Province. Anche Poste Italiane ha bisogno di tagliare i rami secchi, ma non colpendo i più deboli». «Abbiamo chiesto al presidente della Provincia, Giovanni Miozzi, di organizzare un tavolo invitando Poste Italiane e i sindaci, affinché venga trovato un compromesso», hanno spiegato Bertoldo insieme al capogruppo della Lega Simone Falco, firmatari della prima mozione con Maurizio De Lorenzi ed Alessio Cazzola.
Francesca Lorandi
L'Arena
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