lunedì 14 maggio 2012
Poste Italiane chiedono una proroga all’Asur. Scongiurata la chiusura immediata.Continuano da più parti le azioni per chiedere di salvare le filiali di Sforzacosta, Piediripa e Montecassiano.
Poste Italiane chiedono una proroga all’Asur.
Scongiurata la chiusura immediata.
Il direttore Ciccarelli: "Gli uffici predisposti valuteranno se accogliere o meno l'istanza". Continuano da più parti le azioni per chiedere di salvare le filiali di Sforzacosta, Piediripa e Montecassiano
Nella scorsa settimana, da più parti, si sono levate voci di protesta contro la chiusura degli uffici postali di Piediripa, Sforzacosta e Montecassiano, in particolare i cittadini, specie i più anziani, hanno lamentato le grosse difficoltà che avrebbe provocato la scelta della Direzione (leggi l’articolo) . Intanto oggi la vicenda ha subito una importante evoluzione e la chiusura potrebbe intanto essere prorogata di sei mesi: «Poste Italiane – si legge in una nota della società – dopo un’attenta valutazione dei recenti incontri avuti a livello istituzionale, relativi alla decisione di sospendere l’operatività degli uffici postali di Sforzacosta, Piediripa e Montecassiano, maturata in seguito agli investimenti necessari all’attuazione del programma di interventi sul territorio condiviso con Agicom, nei prossimi giorni presenterà una istanza di proroga all’Asur di Macerata relativa ai lavori prescritti.
L’Azienda è pronta a confrontarsi con tutti i soggetti istituzionali competenti, proprio per favorirne il dialogo e le sinergie, come ha sempre fatto, sul valore della rete degli uffici postali che da sempre rappresentano un patrimonio per le comunità locali.
Nei giorni scorsi Poste Italiane ha avuto una serie di passaggi informativi con i sindaci di Macerata e Monteccasiano, incontri a cui l’Azienda intende dare seguito proprio per riaffermare la solida collaborazione e mantenere il proprio ruolo di volano dello sviluppo economico locale oltre che la propria vocazione di presidio sociale.
Poste Italiane è tuttavia impegnata a garantire in via generale la massima capillarità, nel rispetto degli impegni assunti e in conformità del DM del 07/10/2008».
Quindi la palla passa all’Azienda Sanitaria:
«Non abbiamo potere di concedere o non concedere proroghe – spiega Piero Ciccarelli, direttore generale dell’Asur – tuttavia, per esperienza personale pregressa, mi sento di dire che laddove un individuo che è stato sottoposto a questo tipo di prescrizione, chiede per ottemperare a sanare la situazione un tempo congruo, salvo le situazioni di emergenza e urgenza che mettono a rischio la salute e la sicurezza dei lavoratori e dei fruitori del servizio, c’è la possibilità che la proroga sia accolta. Il problema è in questi termini: innanzi tutto bisogna chiarire che l’Asur non è il soggetto che può dare proroghe a richiesta, perché il decreto 81 sulla sicurezza attribuisce queste funzioni agli uffici Psal delle aziende sanitarie locali, cioè quelli di prevenzione e sicurezza del lavoro. Questi uffici hanno funzioni di tipo ispettivo e di vigilanza, e si comportano come ufficiali di polizia giudiziaria. Loro hanno, da parte del Prefetto, un tesserino e quindi non rispondono al servizio sanitario, ma si comportano come ufficiali giudiziari. I risultati delle loro funzioni ispettive vanno direttamente al Tribunale. Queste pratiche seguiranno il loro iter giudiziario, e se le situazioni non vengono sanate scatta il penale. E’ lo stesso soggetto dell’ufficio Psal che ha fatto i rilievi che può o non può concedere la proroga».
Intanto la questione sarà affrontata anche in Consiglio regionale. Il consigliere Enzo Marangoni di “Popolo e Territorio, Libertà e Autonomia” presenterà infatti una mozione per «impegnare la Giunta regionale ad intervenire presso il Ministero competente con opportune iniziative atte a garantire il mantenimento del servizio pubblico nelle realtà locali colpite dalla chiusura degli sportelli postali».
Duro il commento del Sindacato Pensionati Italiani della CGIL che condanna la decisione delle Poste Italiane di chiudere gli Uffici di Sforzacosta, Piediripa e Montecassiano: «Mascherano questa inqualificabile iniziativa con problematiche connesse all’inagibilità dei locali, mentre a tutti gli effetti si tratta di una strategia pianificata a tavolino per ridurre i costi di esercizio, riversando sulle spalle degli utenti (pensionati in particolare) il corollario degli inevitabili sacrifici e difficoltà. Una decisione assurda sotto ogni profilo, che non trova la minima giustificazione neppure nei bilanci dell’Ente Poste Italiane che, nel 2011, ha chiuso l’esercizio con un utile netto di 846 milioni di euro (nel 2010 era stato di 1.018 e nei dieci anni precedenti, ugualmente, i bilanci sono stati sempre largamente in attivo) collocando questa “SPA di interesse pubblico” “…di gran lunga al primo posto al mondo per redditività nel confronto con i principali operatori internazionali del settore” (riportiamo fra virgolette una parte della relazione che accompagna la presentazione del bilancio consolidato dell’Ente per il 2011).
Stante questa situazione di fatto è inaccettabile la decisione di far cassa – quando non ce n’è neppure il minimo bisogno – sulla pelle dei cittadini, tanto che il sindaco Carancini l’ ha definita un “esproprio sociale”. Condividiamo in pieno il giudizio e siamo fortemente preoccupati per le migliaia di utenti, in particolare i pensionati al minimo e della fascia confinante con la soglia di povertà. Molti di questi pensionati saranno costretti a lunghi tragitti per ritirare i pochi euro di cui abbisognano, obbligandoli a decurtare le loro già magre entrate.
C’è poi la questione del mancato supporto all’attività commerciale in tre zone, Sforzacosta, Piediripa e Montecassiano, che da sempre sono il fulcro dell’artigianato e della piccola industria, dando un ulteriore colpo alla capacità di queste aziende di stare sul mercato.
E’ evidente inoltre l’incoerenza delle direttive del Governo Monti: da una parte chiede sacrifici ai cittadini per giungere insieme al risanamento del bilancio, ma dall’altra entra a gamba tesa, senza guardare in faccia a nessuno e senza valutare minimamente l’impatto di certe scelte sulla società e sulle fasce più deboli.
Inoltre è molto discutibile, anche sotto il profilo strettamente economico, che ci possa essere un’utilità per Poste Italiane a chiudere gli uffici sopra citati, visto che quotidianamente sono chiamati a far fronte ad un numero di operazioni che variano dalle 700 alle 1000.
In conclusione lo SPI-CGIL chiede alle Poste Italiane SpA di recedere in toto dalla sua decisione, di far conoscere ufficialmente quali sono le motivazioni alla base della scelta e qual’è la sua strategia di tagli in ambito provinciale. A tutti gli altri Enti Locali, dalla Regione ai Comuni, si chiede la massima determinazione per esercitare le più forti pressioni politiche che portino ad una positiva soluzione, fino alla possibilità di emanare una ordinanza per “evitare l’interruzione di un pubblico servizio”. Da parte sua lo SPI CGIL si adopererà con tutta la propria organizzazione per sostenere la protesta dei cittadini-utenti e per tutelare loro ed i dipendenti delle Poste. E’ immorale fare cassa sulle spalle dei più deboli, soprattutto quando non esistono neppure le motivazioni economiche!»
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