RISARCIMENTO DEL DANNO
Va riconosciuto il danno biologico da invalidità permanente al dipendente delle Poste che ha riportato dei danni fisici durante una rapina, se l’ufficio postale era del tutto privo di misure "idonee a prevenire atti criminosi". Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza 8486/2013, rigettando il ricorso di Poste italiane e ritenendo corretto il risarcimento di 22.500 euro "a titolo di danno biologico da invalidità permanente" del 15%, stabilito dalla corte d'Appello di Bari.
Secondo i giudici infatti è obbligo del datore di lavoro "valutare se l'attività della sua azienda presenti rischi extra-lavorativi" e adottare le misure "più consone e più aggiornate" per far operare il lavoratore "in assoluta sicurezza", come imposto dall’articolo 2087 del Cc sulla tutela delle condizioni di lavoro.
Bocciata la difesa dell'azienda secondo cui per il datore di lavoro non è possibile "rispettare ogni cautela possibile, anche innominata" ed anche il carattere “eccezionale” e dunque imprevedibile dell’evento.
Infatti, spiegano i giudici della sezione Lavoro, “se è vero che la responsabilità del datore non può essere dilatata fino a comprendere ogni ipotesi di danno", "le misure e le cautele da adottarsi devono prevenire sia i rischi insiti in quell'ambiente, sia i rischi derivanti dall'azione di fattori ad esso esterni e inerenti al luogo in cui tale ambiente si trova".
Per questo, ritiene la Corte, concordando con i giudici di merito l'ufficio postale avrebbe dovuto avere un impianto di allarme funzionante (in questo caso non lo era), vetrate antisfondamento ed antiproiettile, doppie porte con apertura alternata e impianti di videoregistrazione e videosorveglianza.
Il Sole 24 Ore
Guida al Diritto
8 aprile 2013
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