domenica 23 settembre 2012

Contratto a tempo determinato con l'art.2, comma 1 bis D.Lgs 368/2001: Illegittimità per contrasto con la normativa comunitaria in materia di contratti a termine



TRIBUNALE DI MODENA - CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO – ART. 2, COMMA 1 BIS D.LGS. 368/2001 - ILLEGITTIMITA’ PER CONTRASTO CON LA NORMATIVA COMUNITARIA IN MATERIA DI CONTRATTI A TERMINE – DISAPPLICAZIONE DELLA NORMA INTERNA

Artt. 1 e 2, comma 1 bis d.lgs. 368/2001
Direttiva 99/70/CE

Il Tribunale di Modena accoglie il ricorso proposto da un lavoratore al fine di ottenere l’accertamento dell’illegittimità dei contratti a termine, stipulati tutti ai sensi dell’art. 2, comma 1 bis del d.lgs. 368/2001 e la conseguente condanna alla costituzione del rapporto a tempo indeterminato ed al risarcimento del danno.
Poste Italiane spa si costituiva in giudizio contestando le pretese del lavoratore e affermando la legittimità dei contratti.
La pronuncia si inserisce in un ampio contenzioso che ha ad oggetto l’interpretazione dell’art. 2, comma 1 bis del d.lgs. 368/2001, introdotto con l’art. 1, comma 558 della legge 266/2005 (legge finanziaria per l’anno 2006)  che consente a Poste Italiane spa, dal 1 gennaio 2006, l’assunzione a termine di lavoratori, nella misura del 15% dell’organico, senza necessità di specificare le causali dell’assunzione.
Sulla questione si è pronunciata, con sentenza n. 214/2009, la Corte Costituzionale, a seguito di ordinanza di rimessione del 26.2.2008 del Tribunale di Roma, ritenendo infondata la questione di legittimità rispetto all’art. 3 della Cost.
Attualmente la compatibilità di tale norma nazionale con la direttiva 1999/70/CE, a seguito di ordinanza di rimessione del 25.11.2009  del Tribunale di Trani, è al vaglio della Corte di Giustizia delle Comunità Europee.
Nel frattempo sono intervenute numerose sentenze di merito che hanno accolto i ricorsi dei lavoratori assunti con più contratti a termine motivati dalla suddetta disposizione, ritenendoli illegittimi, in particolare, per violazione della clausola 5 della direttiva 1999/70/CE (cfr. ad esempio Corte d’Appello di Milano 13.4.2010, Tomera Irene c/ Poste Italiane spa, Cons. est. Dott.ssa Angela Cincotti;Tribunale di Brescia sentenza 16 marzo 2012, est. Dott.ssa Maura Mancini, Tribunale di Trani, sentenza 16.11.2009, est. Dott.ssa Antonietta La Notte Chirone; Tribunale di Siena, sentenza 23.11.2009, est.  Dott. Delio Cammarosano; Tribunale di Roma, sentenza 31.3.2009, est. Dott.ssa Donatella Casari; Tribunale Milano, sentenza 9.10.2009, est- Dott.ssa Graziella Mascarello).
Il Giudice modenese, in accoglimento del ricorso, si sofferma sui profili di incompatibilità dell’art. 2, comma 1 bis con la disciplina comunitaria del contratto a termine. In particolare il Tribunale rinviene detto contrasto con gli artt. 3 e 5 della direttiva 99/70/CE, affermando con specifico riferimento all’art. 3 “La clausola n. 3, poiché fa riferimento a “condizioni oggettive” quali fattori che determinano il termine, sembra richiedere l’esistenza di ragioni giustificatrici oggettive anche per il primo e unico contratto a termine. L’utilizzo del verbo “determinare” implica di per sé un meccanismo di derivazione causale ed esclude quindi qualsiasi spazio per una scelta discrezionale.
Se il termine deve essere determinato da condizioni oggettive significa che devono esservi fattori causativi la cui azione rende necessaria o, comunque, giustifica da un punto di vista logico l’apposizione del termine. Il significato proprio dei termini adoperati nella clausola n. 3 porta ad escludere che l’apposizione del termine, nel primo come nei successivi contratti, possa essere frutto della discrezionalità delle parti, sganciata da fattori oggettivi e determinanti..” .
Tale interpretazione della direttiva comunitaria comporta, prosegue la sentenza in commento “una evidente contrarietà dell’art. 2 comma 1 bis, in quanto fattispecie acausale, rispetto alla direttiva comunitaria e, in particolare, rispetto alla clausola n. 3.
Il Giudice poi - richiamando la sentenza Angelikadi della Corte di Giustizia – rinviene il contrasto della disposizione nazionale anche rispetto all’art. 5 della direttiva CE sulla base delle seguenti argomentazioni “l’assenza nell’art. 2 comma 1 bis di ragioni oggettive che possano giustificare (la conclusione e) il rinnovo dei contratti a termine da parte delle imprese concessionarie dei servizi postali; il rilievo che l’esigenza, delineata dalla Corte Costituzionale, di disporre di una quota di lavoro flessibile in relazione allo svolgimento di un’attività di preminente interesse generale non costituisca una valida ragione obiettiva per giustificare il rinnovo dei contratti a termine; la sola previsione di limiti temporali massimi, nel contesto sopra descritto, non appare misura idonea a garantire da abusi nella successione dei contratti in quanto non preclude il ricorso ai contratti successivi seppure a fronte di esigenze permanenti e durevoli. L’art. 2 comma 1 bis si pone in contrasto con la clausola n. 5, rischia di pregiudicare l’effettività dell’accordo quadro ed il suo scopo che consiste nel proteggere i lavoratori dall’instabilità dell’impiego e finisce per svuotare di contenuto il principio secondo cui i contratti a tempo indeterminato costituiscono la forma generale dei rapporti di lavoro.
Da ultimo il Giudice rileva un contrasto con anche con l’art. 8, comma 3 della direttiva CE ovvero con la clausola di non regresso laddove “Il comma 1 bis dell’art. 2 dlgs 368/01, sebbene introdotto non in fase di prima trasposizione della direttiva ma successivamente, ad opera della legge 266/05, rappresenta all’evidenza una misura collegata all’applicazione dell’accordo quadro e, in particolare, diretta a modificare le norme nazionali già adottate in modo da restringere il campo di applicazione dell’ar dell’art. 1 dlgs 368/01 e da ampliare il numero delle ipotesi derogatorie”.
Per tutte tali motivazioni con la sentenza in commento il Giudice ha disapplicato la normativa interna e dichiarato illegittimi i contratti a termine.


6 commenti:

  1. Questa sentenza (dovrebbe trattarsi di una decisione del Giud. Carla Ponterio, Trib. Modena) è vecchia e superata dall'esito della causa C-20/2010 del sig. Vino, conclusasi con l'Ordinanza della Corte di Giustizia che ha confermato la legittimità della disciplina interna ex art. 2, co. 1 bis (ricalcando in pratica il responso della C. Cost., sent. n. 214/2009). È curioso che a fronte di una giurisprudenza di merito attualmente sfavorevole al ricorrente, in questa pagina si legga tutt'altro, e cioè dell'esito felice in quel di Modena. L'articolo, vanamente improntato all'ottimismo, è del settembre 2012, mentre la sentenza di Modena è priva di ogni riferimento cronologico; v'è un cenno ad analoga sentenza, emessa dal Trib. di Brescia, del marzo 2012, ma deve trattarsi di un refuso..

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non si tratta di un refuso la sentenza del 16 marzo 2012 emesso dal tribunale di Brescia.
      Il numero di R.G. della suddetta sentenza è: 1823/2010, così può chiedere copia della sentenza.
      Come vede è un esito felice e fresco (anno 2012)anche in quel di Brescia.

      Elimina
    2. Grazie della risposta, non controllo spesso tutte le mie inserzioni. Ecco una verifica che ho fatto ora a proposito di Tr. BS del 16/3/12, giud. M. Mancini:

      http://pst.giustizia.it/PST/it/pst_2_6_2.wp?actionPath=/ExtStr2/do/consultazionepubblica/sicid/dirlavoro/detail.action&currentFrame=10&idfascicolo=24310&numeroregistro=00001823&annoregistro=2010&regioneRicerca=9&ufficioRicerca=0170290098&registroRicerca=LAV

      Elimina
  2. Ha preso piena visione della suddetta sentenza? Come vede sul mio sito ci sono altre sentenze pubblicate in seguito e favorevole al lavoratore.

    RispondiElimina
  3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  4. Purtroppo non sono né avvocato, né studente universitario e neppure cancelliere di qualche tribunale.. Reperire le sentenze è difficile: Mentre la legge è tendenzialmente uguale per tutti, la sua interpretazione, variando spesso da magistrato a magistrato, è materia fluida oggetto quasi di mercimonio e comunque riservata ai soli addetti ai lavori (ad onta dei tanti potenziali lettori).

    Vale la pena ricordare che il Garante della Privacy (con chiarezza - per l'occasione - inequivocabile) promuove la diffusione integrale delle sentenze:

    "LA DIFFUSIONE DEI PROVVEDIMENTI GIURISDIZIONALI COSTITUISCE FONTE PREZIOSA PER LO STUDIO E L'ACCRESCIMENTO DELLA CULTURA GIURIDICA E STRUMENTO INDISPENSABILE DI CONTROLLO DA PARTE DEI CITTADINI DELL'ESERCIZIO DEL POTERE GIURISDIZIONALE.

    IL CODICE FAVORISCE LA PIÙ AMPIA DIFFUSIONE DELLE SENTENZE..".
    (Gar. Privacy, Boll. n. 122 del 2/12/2010)

    http://www.mondoposte.it/smf/index.php?topic=5049.0
    _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _

    Ho (abbiamo) molto apprezzato la guida pratica al ricorso contro Poste (relativamente ai contratti a termine ex art. 2, comma 1 bis, Dlgs 368/01) recentemente offerta in rete dal sindacato FILP: un percorso di guerra disseminato di trappole (sintesi: 1) richiesta di accesso ai dati all'azienda; 2) ricorso al TAR per omessa esibizione degli stessi; 3) istituzione, in seconda istanza, a cura del TAR, del commissario ad acta, per l'adempimento coattivo in azienda del precedente ordine di esibizione; 4) ricorso al Giudice ordinario del lavoro..). Quel pregevole resoconto è stato da me replicato a Vostra firma e con link allegato alla pagina:

    interv. #2075
    http://www.mondoposte.it/smf/index.php?topic=91.2070

    (TAR Lomb., sentt. nn. 435/2011 e 1719/2012 - Trib. BS, sent. n. 1154 del 23/11/2012, Giud. Maura Mancini)

    RispondiElimina