REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIDIRI Guido - Presidente
Dott. TOFFOLI Saverio - Consigliere
Dott. NOBILE Vittorio - Consigliere
Dott. NAPOLETANO Giuseppe - Consigliere
Dott. ARIENZO Rosa - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto
da:
POSTE ITALIANE S.P.A.,
in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, LUNGOTEVERE MICHELANGELO 9, presso lo studio TRIFIRO' & PARTNERS,
rappresentata e difesa dall'avvocato CORNA ANNA MARIA, giusta delega in atti;
- ricorrente -
- ricorrente -
contro K.M.;
- intimato -
- intimato -
e sul ricorso 22373-2007
proposto da: K.M., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA
DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato
LANZINGER GIANNI, giusta delega in atti; - controricorrente e ricorrente
incidentale -
contro
POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE MICHELANGELO 9, presso lo studio TRIFIRO' & PARTNERS, rappresentata e difesa dall'avvocato CORNA ANNA MARIA, giusta delega in atti;
- controricorrente al ricorso incidentale -avverso la sentenza n. 41/2007 della SEZ. DIST. CORTE D'APPELLO di BOLZANO, depositata il 25/05/2007 R.G.N. 62/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/03/2011 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO;
udito l'Avvocato ZUCCINALI PAOLO per delega CORNA ANNA MARIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello che ha concluso per rigetto del ricorso principale, assorbito l'incidentale.
POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE MICHELANGELO 9, presso lo studio TRIFIRO' & PARTNERS, rappresentata e difesa dall'avvocato CORNA ANNA MARIA, giusta delega in atti;
- controricorrente al ricorso incidentale -avverso la sentenza n. 41/2007 della SEZ. DIST. CORTE D'APPELLO di BOLZANO, depositata il 25/05/2007 R.G.N. 62/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/03/2011 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO;
udito l'Avvocato ZUCCINALI PAOLO per delega CORNA ANNA MARIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello che ha concluso per rigetto del ricorso principale, assorbito l'incidentale.
Fatto
Con sentenza del
27.10.2006, il Tribunale di Bolzano aveva accolto le domande proposte da K.M.
in relazione all'infortunio sul lavoro patito il (OMISSIS), allorchè, mentre
era addetto a caricare sulla pensilina posta e stampe situate in apposita
gabbia di legno, con sostegni di ferro e ruote, ed essendo intento a spostare
un gabbia vuota, era stato investito da un'altra gabbia spinta da altro
dipendente. Per effetto dell'infortunio, verificatosi perchè lo spazio per far
passare le gabbie era ingombro di materiale, aveva riportato un indebolimento
dell'organo della masticazione, in relazione al quale aveva ottenuto un
risarcimento di Euro 4.632,00 per danno biologico, Euro 1389,70 per danno
morale, Euro 926,00 per danno esistenziale ed Euro 3.500,00 per danno
patrimoniale (spese odontoiatriche sostenute).
Con sentenza del 25.5.2007, la Corte di Appello di Trento - sezione distaccata
di Bolzano - rigettava il gravame delle Poste Italiane, avendo ritenuto
accertati i fatti e in particolare che il K., dopo essere scivolato sulla
pensilina ingombra, era stato colpito da altro dipendente, che aveva il
passaggio con visuale fortemente impedita. Riteneva che il giudice non doveva
tenere conto del danno liquidato dall'INAIL in quanto il 2% riconosciuto, non
implicando alcuna menomazione della capacità lavorativa specifica, era stato
giustamente valutato in sede esclusivamente biologica e che il danno
esistenziale era collegato alla perdita di due denti che gli avevano imposto di
rinviare le nozze.
Propone ricorso per cassazione
la spa Poste Italiane, affidando l'impugnazione a due motivi.
Il K. resiste con
controricorso e propone ricorso incidentale condizionato, assistito da due
motivi.
La società resiste al
ricorso incidentale con proprio controricorso.
Diritto
I ricorsi devono
essere preventivamente riuniti, ai sensi dell'art. 335 c.p.c..
Con i primo motivo del ricorso principale, la società deduce la violazione e la
falsa applicazione degli artt. 2087, 2043 e 2697 c.c., anche con riferimento
agli artt. 115 e 116 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3), nonchè l'omessa,
insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e
decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5), sostenendo che incombe al
lavoratore che lamenti di avere subito un danno, l'onere di provare anche
l'inadempimento colposo, nonchè il nesso di causalità tra evento e danno, non
essendo sufficiente la dimostrazione dell'occasione di lavoro, rilevante in
sede di indennizzo INAIL. Rileva che la versione fornita ab initio dal
dipendente era incompatibile con la ricostruzione operata dalla Corte
territoriale e che l'evento si era verificato per esclusiva colpa del K..
Formula quesito di diritto, ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c., domandando se la
mancanza di prova sulle modalità di infortunio consenta di configurare la
responsabilità del datore di lavoro.
Con il secondo motivo la società
denunzia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043, 2087, 2056,
2059 e 2697 c.c., delD.Lgs. n. 38 del
2000, art. 13, del D.P.R. n. 1124
del 1965, art. 10 anche con riferimento agli artt. 115 e 116
c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3), nonchè l'insufficiente, contraddittoria e/o
omessa motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio
(art. 360 c.p.c., n. 5).
Assume che il risarcimento del danno a carico del datore si configura solo se il complessivo danno civilistico sia maggiore rispetto a quello liquidato dall'INAIL, che il danno biologico è stato eccessivamente liquidato in quanto non tiene conto della mancanza assoluta di prova in ordine a danni ulteriori rispetto alle lesioni fisiche (danno alla vita di relazione) e che sia stata operata una non consentita duplicazione di poste di danno, anche con riguardo al danno morale, riconosciuto per un banale infortunio; infine, rileva che l'intervento odontoiatrico era stato eseguito dopo ben tre anni dal sinistro e che, pertanto, non era chiaro il nesso con l'infortunio, palesandosi una difetto motivazionale al riguardo.
Il ricorso principale va rigettato perchè in primo luogo il ricorrente sollecita una rivisitazione delle risultanze processuali non consentita in questa sede e poi perchè la sentenza risulta correttamente e congruamente motivata con riguardo alle modalità secondo le quali si era verificato l'infortunio, sull'esistenza del nesso causale e sulle altre circostanze rilevanti ai fini della imputazione dell'evento dannoso alla società, che aveva omesso di adottare le opportune cautele, idonee a consentire un normale svolgimento dell'attività di spostamento dei carrelli senza rischi di infortuni per i dipendenti.
Quanto al primo rilievo, questa Corte di cassazione - ribadendo un indirizzo giurisprudenziale costante - ha statuito che è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione per vizio di motivazione qualora esso intenda far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, prospetti un preteso migliore e più appagante coordinamento dei dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all'ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell'apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice di merito e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi del dedotto vizio. In caso contrario, infatti, tale motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e perciò in una richiesta diretta all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione (cfr., da ultimo, ex plurimis, Cass. 26 marzo 2010 n. 7394).
Quanto al secondo profilo, ai fini dell'accertamento della responsabilità del datore di lavoro, ex art. 2087 cod. civ. - la quale non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva - al lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute, incombe l'onere di provare l'esistenza di tale danno, la nocività dell'ambiente di lavoro ed il nesso causale fra questi due elementi, gravando invece sul datore di lavoro, una volta che il lavoratore abbia provato le suddette circostanze, l'onere di dimostrare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e, tra queste, anche di aver vigilato circa l'effettivo corretto svolgimento dell'attività lavorativa, non, potendo il datore medesimo essere totalmente esonerato da responsabilità in forza dell'eventuale concorso di colpa del lavoratore, se non quando la condotta di quest'ultimo, in quanto del tutto imprevedibile rispetto al procedimento lavorativo "tipico" ed alle direttive ricevute, rappresenti essa stessa la causa esclusiva dell'evento (cfr., ex multis, da ultimo Cass. 17 febbraio 2009 n. 3786).
In ordine ai profili risarcitori, il giudice di secondo grado ha espressamente affermato che il 2% riconosciuto, non implicando alcuna menomazione della capacità lavorativa specifica, era stato liquidato dal primo giudice in sede esclusivamente biologica, laddove nessun danno all'integrità psichica ed alla vita di relazione era stato nè richiesto nè liquidato, fatto salvo il danno morale, liquidato autonomamente per la sofferenza interiore e per il patema d'animo connesse alla perdita di due denti in seguito al violento trauma facciale. Il danno esistenziale è stato liquidato in quanto la sua sussistenza ritenuta adeguatamente supportata da articolata e dettagliata prova per testi resa dalla moglie del K. su circostanze che inducono a ritenere pienamente raggiunta la relativa prova, non contestata sulla base di rilievi attinenti a vizi motivazionali.
Infine, la congruità delle spese mediche sostenute è stata valutata positivamente dal Ctu, onde i rilievi della ricorrente società delineano un giudizio di merito contrapposto a quello operato, senza evidenziare vizi e distorsioni motivazionali rilevanti in ordine a punti decisivi e controversi.
Infine, è corretto l'operato del giudice di merito nei termini in cui ha liquidato il danno reddituale, in quanto, se pure le varie voci di danno non patrimoniale elaborate dalla dottrina e dalla giurisprudenza (danno estetico, danno esistenziale, danno alla vita di relazione, ecc.) non costituiscono pregiudizi autonomamente risarcibili, e se pure le stesse possono venire in considerazione solo in sede di adeguamento del risarcimento al caso specifico, e sempre che il danneggiato abbia allegato e dimostrato che il danno biologico o morale presenti aspetti molteplici e riflessi ulteriori rispetto a quelli tipici (Cass. 9 dicembre 2010 n. 24864; Cass., s.u. 11 novembre 2008 n. 26972; Cass., s.u., 16 febbraio. 2009 n. 3677), nella specie è indubbio che la sopravvenuta infermità, anche in relazione alla scadenza con cui il K. aveva fissato le sue nozze, abbia determinato - come evidenziato in modo condivisibile dal giudice del merito -pregiudizi ulteriori aventi un'incidenza sull'ammontare del risarcimento del danno biologico e di quello morale, rispetto ai quali gli importi liquidati devono ritenersi avere valore di mero adeguamento.
Il ricorso incidentale condizionato - riferito alla violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento al D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, artt. 168, 173, 175 e 182 (art. 360 c.p.c., n. 3) ed alla contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5), nonchè alla violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento al D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) ed ad ulteriori vizi motivazionali - deve ritenersi assorbito dalla reiezione del ricorso principale.
Le spese di lite seguono la soccombenza della ricorrente principale e si liquidano come da dispositivo, con attribuzione in favore del difensore dichiaratosi antistatario.
Assume che il risarcimento del danno a carico del datore si configura solo se il complessivo danno civilistico sia maggiore rispetto a quello liquidato dall'INAIL, che il danno biologico è stato eccessivamente liquidato in quanto non tiene conto della mancanza assoluta di prova in ordine a danni ulteriori rispetto alle lesioni fisiche (danno alla vita di relazione) e che sia stata operata una non consentita duplicazione di poste di danno, anche con riguardo al danno morale, riconosciuto per un banale infortunio; infine, rileva che l'intervento odontoiatrico era stato eseguito dopo ben tre anni dal sinistro e che, pertanto, non era chiaro il nesso con l'infortunio, palesandosi una difetto motivazionale al riguardo.
Il ricorso principale va rigettato perchè in primo luogo il ricorrente sollecita una rivisitazione delle risultanze processuali non consentita in questa sede e poi perchè la sentenza risulta correttamente e congruamente motivata con riguardo alle modalità secondo le quali si era verificato l'infortunio, sull'esistenza del nesso causale e sulle altre circostanze rilevanti ai fini della imputazione dell'evento dannoso alla società, che aveva omesso di adottare le opportune cautele, idonee a consentire un normale svolgimento dell'attività di spostamento dei carrelli senza rischi di infortuni per i dipendenti.
Quanto al primo rilievo, questa Corte di cassazione - ribadendo un indirizzo giurisprudenziale costante - ha statuito che è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione per vizio di motivazione qualora esso intenda far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, prospetti un preteso migliore e più appagante coordinamento dei dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all'ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell'apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice di merito e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi del dedotto vizio. In caso contrario, infatti, tale motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e perciò in una richiesta diretta all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione (cfr., da ultimo, ex plurimis, Cass. 26 marzo 2010 n. 7394).
Quanto al secondo profilo, ai fini dell'accertamento della responsabilità del datore di lavoro, ex art. 2087 cod. civ. - la quale non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva - al lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute, incombe l'onere di provare l'esistenza di tale danno, la nocività dell'ambiente di lavoro ed il nesso causale fra questi due elementi, gravando invece sul datore di lavoro, una volta che il lavoratore abbia provato le suddette circostanze, l'onere di dimostrare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e, tra queste, anche di aver vigilato circa l'effettivo corretto svolgimento dell'attività lavorativa, non, potendo il datore medesimo essere totalmente esonerato da responsabilità in forza dell'eventuale concorso di colpa del lavoratore, se non quando la condotta di quest'ultimo, in quanto del tutto imprevedibile rispetto al procedimento lavorativo "tipico" ed alle direttive ricevute, rappresenti essa stessa la causa esclusiva dell'evento (cfr., ex multis, da ultimo Cass. 17 febbraio 2009 n. 3786).
In ordine ai profili risarcitori, il giudice di secondo grado ha espressamente affermato che il 2% riconosciuto, non implicando alcuna menomazione della capacità lavorativa specifica, era stato liquidato dal primo giudice in sede esclusivamente biologica, laddove nessun danno all'integrità psichica ed alla vita di relazione era stato nè richiesto nè liquidato, fatto salvo il danno morale, liquidato autonomamente per la sofferenza interiore e per il patema d'animo connesse alla perdita di due denti in seguito al violento trauma facciale. Il danno esistenziale è stato liquidato in quanto la sua sussistenza ritenuta adeguatamente supportata da articolata e dettagliata prova per testi resa dalla moglie del K. su circostanze che inducono a ritenere pienamente raggiunta la relativa prova, non contestata sulla base di rilievi attinenti a vizi motivazionali.
Infine, la congruità delle spese mediche sostenute è stata valutata positivamente dal Ctu, onde i rilievi della ricorrente società delineano un giudizio di merito contrapposto a quello operato, senza evidenziare vizi e distorsioni motivazionali rilevanti in ordine a punti decisivi e controversi.
Infine, è corretto l'operato del giudice di merito nei termini in cui ha liquidato il danno reddituale, in quanto, se pure le varie voci di danno non patrimoniale elaborate dalla dottrina e dalla giurisprudenza (danno estetico, danno esistenziale, danno alla vita di relazione, ecc.) non costituiscono pregiudizi autonomamente risarcibili, e se pure le stesse possono venire in considerazione solo in sede di adeguamento del risarcimento al caso specifico, e sempre che il danneggiato abbia allegato e dimostrato che il danno biologico o morale presenti aspetti molteplici e riflessi ulteriori rispetto a quelli tipici (Cass. 9 dicembre 2010 n. 24864; Cass., s.u. 11 novembre 2008 n. 26972; Cass., s.u., 16 febbraio. 2009 n. 3677), nella specie è indubbio che la sopravvenuta infermità, anche in relazione alla scadenza con cui il K. aveva fissato le sue nozze, abbia determinato - come evidenziato in modo condivisibile dal giudice del merito -pregiudizi ulteriori aventi un'incidenza sull'ammontare del risarcimento del danno biologico e di quello morale, rispetto ai quali gli importi liquidati devono ritenersi avere valore di mero adeguamento.
Il ricorso incidentale condizionato - riferito alla violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento al D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, artt. 168, 173, 175 e 182 (art. 360 c.p.c., n. 3) ed alla contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5), nonchè alla violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento al D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) ed ad ulteriori vizi motivazionali - deve ritenersi assorbito dalla reiezione del ricorso principale.
Le spese di lite seguono la soccombenza della ricorrente principale e si liquidano come da dispositivo, con attribuzione in favore del difensore dichiaratosi antistatario.
P.Q.M.
LA CORTE così provvede:
riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello
incidentale; condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di lite
del presente giudizio, liquidate in Euro 45,00 per esborsi, Euro 3000,00 per
onorario, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge, con distrazione
in favore del difensore antistatario, avv. Gianni Lanzinger.
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