venerdì 21 settembre 2012

CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO CON POSTE ITALIANE STIPULATO AI SENSI DELL’ART. 2, comma1 bis, del D.Lgs. 368/2001: INEFFICACIA E/O NULLITA’ DEL TERMINE E RICHIESTA DI CONVERSIONE IN CONTRATTO A TEMPO INDETERMINATO.



La questione in commento rappresenta un’intricata e spinosa vicenda che riguarda la tutela dei diritti sociali di numerosi lavoratori precari alle dipendenze di Poste Italiane. 
A cura di Avv. Giovanni Luca Simone da Foggia (FG).

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 In particolare, con questo approfondimento lo scrivente vuole sottolineare quelli che sono i diversi profili di illegittimità che riguardano i contratti a tempo determinato, nella specie trattasi di casi di primo ed unico contratto, conclusi da Poste Italiane facendo esclusivo riferimento all’art. 2 comma 1 bis del D.Lgs. 368/2001, senza indicazione di alcuna ragione oggettiva come imposto dall’art. 1 dello stesso decreto legislativo.
Nel caso di specie, data la stessa formulazione della motivazione del contratto individuale, consistente nel mero richiamo  all’art. 2 comma 1 bis del D.Lgs. 368/2001, è totalmente impossibile verificare la sussistenza in concreto delle condizioni di fatto e diritto legittimanti l’apposizione del termine. Si tratta, infatti, di un richiamo così generale e generico, che non è possibile alcun idoneo riferimento alle esigenze specifiche che hanno portato all’assunzione a termine. Non vi è quindi modo né possibilità alcuna di apprezzare se vi sia e quale sia la relazione tra il contratto a termine e una oggettiva situazione aziendale idonea a giustificarlo!
Eppure, bisogna constatare che la società Poste Italiane fa larghissimo ricorso a questo tipo di contratto che, è bene dirlo, è previsto espressamente dalla legislazione italiana che ha introdotto tale norma con l’art. 1, comma 558, della legge finanziaria n. 266/2005, il quale ha aggiunto un comma bis all’unico comma dell’art. 2 del D.Lgs. n. 368/2001 e, pertanto, con decorrenza dal 1° gennaio 2006, un’ipotesi di nuova causale di apposizione del termine esclusivamente per i dipendenti di Poste Italiane S.p.A.
Senza ombra di dubbio trattasi di una norma di esclusivo favore per la società Poste Italiane S.p.A..
La norma, infatti, non è destinata alle imprese operanti in un determinato settore economico o produttivo e, quindi, ad una pluralità di soggetti, ma ad un unico operatore economico quale Poste Italiane; l’operatività di tale norma, poi, è individuata esclusivamente in base al criterio soggettivo del destinatario della norma garantendogli, in relazione all’attività svolta nel suo complesso, la stipula di contratti a termine ivi prevista.
E’ indubbio che la norma suddetta peggiora fortemente la situazione di tutela dei lavoratori a termine di Poste Italiane S.p.A. rispetto alla normativa ante 1° gennaio 2006.
Nonostante tali considerazioni la Corte Costituzionale, con sentenza n. 214 del 2009  (interpretativa di rigetto, pertanto non vincolante per il giudice di merito) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1 bis, del D.Lgs. n. 368/2001, sollevata dal Tribunale di Roma in riferimento agli artt. 3, primo comma, 101, 102 e 104 della Costituzione, in quanto “la garanzia alle imprese in questione, nei limiti indicati, di una sicura flessibilità dell'organico, è direttamente funzionale all'onere gravante su tali imprese di assicurare lo svolgimento dei servizi relativi alla raccolta, lo smistamento, al trasporto ed alla distribuzione degli invii postali, nonché la realizzazione e l'esercizio della rete postale pubblica i quali «costituiscono attività di preminente interesse generale». In particolare, poi, in esecuzione degli obblighi di fonte comunitaria derivanti dalla direttiva 1997/67/CE, l'Italia deve assicurare lo svolgimento del c.d. “servizio universale” …omissis…Non è, dunque, manifestamente irragionevole che ad imprese tenute per legge all'adempimento di simili oneri sia riconosciuta una certa flessibilità nel ricorso (entro limiti quantitativi comunque fissati inderogabilmente dal legislatore) allo strumento del contratto a tempo determinato”.
Pertanto, il “salvataggio” della norma viene giustificato dalla Corte Costituzionale unicamente per la posizione rivestita da Poste Italiane in merito al Servizio Universale che, però, non trova più ragione d’essere alla luce della totale liberalizzazione del mercato dei servizi postali e del progressivo venir meno di tale tipo di servizio.
Tale sentenza, inoltre, è già stata esposta a notevoli critiche da parte dei più autorevoli commentatori della materia.
Inoltre, alla luce dell’innovato quadro normativo, scaturente dalla Direttiva 2008/6/CE, che modifica la Direttiva 1997/67/CEdal 1° gennaio 2011, l’Italia non può concedere o mantenere in vigore diritti esclusivi o speciali per l’instaurazione e la fornitura di servizi postali e, pertanto, dovendo essere fornito anche il cd. Servizio Universale in regime di concorrenza, viene meno la ragione giustificatrice della disciplina di favore valevole esclusivamente in favore di Poste Italiane S.p.A., che finisce per essere chiaramente in contrasto con il diritto comunitario.
Ad ogni buon conto, approfondendo il tema, emerge una situazione in cui  è evidente che trattasi di un intervento del legislatore interno che è stato finalizzato esclusivamente ad avvantaggiare Poste Italiane la quale, allo stato, è una società che opera nel mercato italiano in un contesto di posizione dominante come titolare del Servizio Universale nazionale per la raccolta e distribuzione della corrispondenza.

Sulla scorta di questo ragionamento, è evidente che le assunzioni a termine ai sensi dell’art. 2, comma 1 bis, del D.Lgs. n. 368/2001, senza indicazione di alcuna causale giustificatrice, operate successivamente al 1° gennaio 2011, devono considerarsi sicuramente illegittime, per incompatibilità con la normativa comunitaria e, di conseguenza, la norma interna dovrà essere disapplicata o non applicata in forza del principio di supremazia ed efficacia diretta dell’ordinamento comunitario.
Oltre a ciò, comunque, diversi sono i motivi per cui tale tipo di contratto è da ritenersi illegittimo e, pertanto, a seguito di ricorso al Tribunale del Lavoro, il Giudice del Lavoro adito dovrebbe dichiarare la conversione del rapporto in contratto a tempo indeterminato con ogni ulteriore conseguenza prevista.
Si riportano di seguito, schematicamente, i principali motivi per cui il contratto a tempo determinato ex art. 2 comma 1 bis del D.Lgs. 368/2001 è da ritenersi illegittimo, e che lo scrivente difensore utilizza nei propri ricorsi nelle vertenze contro Poste Italiane al fine di far dichiarare la nullità del termine e la declaratoria di conversione del rapporto di lavoro:

1)Illegittimità dell’apposizione del termine per contrarieta’ dell’art. 2, comma 1 bis, D.Lgs. 368/2001 al diritto comunitario e per mancata indicazione e specificazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo
2) L’art. 2, comma 1 bis, del D.Lgs. n. 368/2001, le imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste e l’abuso di posizione dominante di Poste Italiane S.p.A.
3) Illegittimità del contratto a termine per violazione della “clausola di contingentamento” prevista dall’art. 2, comma 1 bis, D.Lgs. 368/2001.
4) Illegittimità del contratto a termine per mancata, incompleta o inadeguata  valutazione di tutti i rischi relativi alla sicurezza del luogo di lavoro
5) Risarcimento pari alla retribuzione globale di fatto dall’impugnativa fino all’effettivo ripristino del rapporto di lavoro, oltre indennità ex art. 32 L. 183/2010.

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