La
questione in commento rappresenta un’intricata e spinosa vicenda che riguarda
la tutela dei diritti sociali di numerosi lavoratori precari alle dipendenze di
Poste Italiane.
Questa guida ha funzione meramente
esemplificativa e non esaustiva. Scopri come è semplice in Dir. del Lavoro
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In
particolare, con questo approfondimento lo scrivente vuole sottolineare quelli
che sono i diversi profili di illegittimità che riguardano i contratti a tempo
determinato, nella specie trattasi di casi di primo ed unico contratto,
conclusi da Poste Italiane facendo esclusivo riferimento all’art. 2 comma 1 bis
del D.Lgs. 368/2001, senza indicazione di alcuna ragione oggettiva come imposto
dall’art. 1 dello stesso decreto legislativo.
Nel caso di specie, data la stessa
formulazione della motivazione del contratto individuale, consistente nel mero
richiamo all’art. 2 comma 1 bis del D.Lgs. 368/2001, è totalmente
impossibile verificare la sussistenza in concreto delle condizioni di fatto e
diritto legittimanti l’apposizione del termine. Si tratta, infatti, di un
richiamo così generale e generico, che non è possibile alcun idoneo riferimento
alle esigenze specifiche che hanno portato all’assunzione a termine. Non vi è
quindi modo né possibilità alcuna di apprezzare se vi sia e quale sia la
relazione tra il contratto a termine e una oggettiva situazione aziendale
idonea a giustificarlo!
Eppure, bisogna constatare che la
società Poste Italiane fa larghissimo ricorso a questo tipo di contratto che, è
bene dirlo, è previsto espressamente dalla legislazione italiana che ha
introdotto tale norma con l’art. 1, comma 558, della legge finanziaria n.
266/2005, il quale ha aggiunto un comma bis all’unico
comma dell’art. 2 del D.Lgs. n. 368/2001 e, pertanto, con decorrenza dal 1°
gennaio 2006, un’ipotesi di nuova causale di apposizione del termine
esclusivamente per i dipendenti di Poste Italiane S.p.A.
Senza ombra di dubbio trattasi di una
norma di esclusivo favore per la società Poste Italiane S.p.A..
La norma, infatti, non è destinata alle
imprese operanti in un determinato settore economico o produttivo e, quindi, ad
una pluralità di soggetti, ma ad un unico operatore economico quale Poste
Italiane; l’operatività di tale norma, poi, è individuata esclusivamente in
base al criterio soggettivo del destinatario della norma garantendogli, in
relazione all’attività svolta nel suo complesso, la stipula di contratti a
termine ivi prevista.
E’ indubbio che la norma suddetta
peggiora fortemente la situazione di tutela dei lavoratori a termine di Poste
Italiane S.p.A. rispetto alla normativa ante 1° gennaio 2006.
Nonostante tali considerazioni la Corte
Costituzionale, con sentenza n. 214 del 2009 (interpretativa di
rigetto, pertanto non vincolante per il giudice di merito) ha dichiarato
non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1
bis, del D.Lgs. n. 368/2001, sollevata dal Tribunale di Roma in riferimento
agli artt. 3, primo comma, 101, 102 e 104 della Costituzione, in quanto “la
garanzia alle imprese in questione, nei limiti indicati, di una sicura
flessibilità dell'organico, è direttamente funzionale all'onere gravante su
tali imprese di assicurare lo svolgimento dei servizi relativi alla raccolta,
lo smistamento, al trasporto ed alla distribuzione degli invii postali, nonché
la realizzazione e l'esercizio della rete postale pubblica i quali
«costituiscono attività di preminente interesse generale». In particolare, poi,
in esecuzione degli obblighi di fonte comunitaria derivanti dalla direttiva
1997/67/CE, l'Italia deve assicurare lo svolgimento del c.d. “servizio
universale” …omissis…Non è, dunque, manifestamente irragionevole che ad imprese
tenute per legge all'adempimento di simili oneri sia riconosciuta una certa
flessibilità nel ricorso (entro limiti quantitativi comunque fissati
inderogabilmente dal legislatore) allo strumento del contratto a tempo
determinato”.
Pertanto, il “salvataggio” della norma
viene giustificato dalla Corte Costituzionale unicamente per la posizione
rivestita da Poste Italiane in merito al Servizio Universale che, però, non
trova più ragione d’essere alla luce della totale liberalizzazione del mercato
dei servizi postali e del progressivo venir meno di tale tipo di servizio.
Tale sentenza, inoltre, è già stata
esposta a notevoli critiche da parte dei più autorevoli commentatori della
materia.
Inoltre, alla luce dell’innovato quadro
normativo, scaturente dalla Direttiva 2008/6/CE, che modifica la Direttiva
1997/67/CEdal 1° gennaio 2011, l’Italia non può concedere o mantenere in vigore diritti esclusivi o speciali per l’instaurazione e la fornitura di
servizi postali e, pertanto, dovendo essere fornito anche il cd.
Servizio Universale in regime di concorrenza, viene
meno la ragione giustificatrice della disciplina di favore valevole
esclusivamente in favore di Poste Italiane S.p.A., che finisce per essere
chiaramente in contrasto con il diritto comunitario.
Ad ogni buon conto, approfondendo il
tema, emerge una situazione in cui è evidente che trattasi di un
intervento del legislatore interno che è stato finalizzato esclusivamente ad
avvantaggiare Poste Italiane la quale, allo stato, è una società che opera nel
mercato italiano in un contesto di posizione
dominante come titolare del Servizio Universale nazionale per la
raccolta e distribuzione della corrispondenza.
Sulla scorta di questo ragionamento, è evidente che le assunzioni a termine ai sensi dell’art. 2, comma 1 bis, del D.Lgs. n. 368/2001, senza indicazione di alcuna causale giustificatrice, operate successivamente al 1° gennaio 2011, devono considerarsi sicuramente illegittime, per incompatibilità con la normativa comunitaria e, di conseguenza, la norma interna dovrà essere disapplicata o non applicata in forza del principio di supremazia ed efficacia diretta dell’ordinamento comunitario.
Oltre a ciò, comunque, diversi sono i
motivi per cui tale tipo di contratto è da ritenersi illegittimo e, pertanto, a
seguito di ricorso al Tribunale del Lavoro, il Giudice del Lavoro adito
dovrebbe dichiarare la conversione del rapporto in contratto a tempo
indeterminato con ogni ulteriore conseguenza prevista.
Si riportano di seguito,
schematicamente, i principali motivi per cui il contratto a tempo determinato
ex art. 2 comma 1 bis del D.Lgs. 368/2001 è da ritenersi illegittimo, e che lo
scrivente difensore utilizza nei propri ricorsi nelle vertenze contro Poste
Italiane al fine di far dichiarare la nullità del termine e la declaratoria di
conversione del rapporto di lavoro:
1)Illegittimità dell’apposizione del termine per contrarieta’ dell’art. 2, comma 1 bis, D.Lgs. 368/2001 al diritto comunitario e per mancata indicazione e specificazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo
2) L’art. 2, comma 1 bis, del D.Lgs. n.
368/2001, le imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste e
l’abuso di posizione dominante di Poste Italiane S.p.A.
3) Illegittimità del contratto a termine
per violazione della “clausola di contingentamento” prevista dall’art. 2, comma
1 bis, D.Lgs. 368/2001.
4) Illegittimità del contratto a termine
per mancata, incompleta o inadeguata valutazione di tutti i rischi relativi
alla sicurezza del luogo di lavoro
5) Risarcimento pari alla retribuzione
globale di fatto dall’impugnativa fino all’effettivo ripristino del rapporto di
lavoro, oltre indennità ex art. 32 L. 183/2010.
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