Autore: Redazione Fiscal Focus
11 Giugno 2012
Compie un illecito civile, pertanto è tenuto alla liquidazione, il datore di lavoro che procura danno biologico al dipendente.
Due passi nel mondo del lavoro - Eccoci nuovamente a parlare di lavoro. Questa volta però non ci impelaghiamo nelle lunghe polemiche inerenti la riforma del welfare, che sta cavalcando le onde parlamentari ed entro la fine di questo mese, con la buona pace di tutti i soggetti coinvolti, diverrà una legge effettiva. L’aspetto che tratteremo si ricollega ai focus accesi nei giorni scorsi per quel che concerne il benessere del lavoratore nell’azienda nella quale offre le proprie prestazioni. Ci siamo chiesti, infatti, se esista una qualche connessione tra una sana vita lavorativa, rispettosa delle esigenze del dipendente, e la produttività che è l’obiettivo primario dell’impresa. Secondo molte aziende italiana, il legame esiste, pertanto non pochi datori di lavoro hanno attivato politiche di welfare d’azienda al fine di permettere ai dipendenti una sorta di conciliazione senza traumi fra le proprie esigenze familiari e personali e le mansioni lavorative. Ciò detto, non bisogna però nascondere sotto il tappeto le migliaia e più numerose esperienze lavorative che invece di queste accortezze non ne tengono conto.
Il benessere (s)conosciuto - E nel mirino della nostra escursione nell’universo lavoro abbiamo scovato il caso eclatante di una lavoratrice afflitta da una depressione certificata che era stata adibita a mansioni per nulla dinamiche, decisione questa che ha avuto come effetto il peggioramento delle già instabili condizioni di salute. Ricordando che il nostro intento non è quello di esprimere un giudizio in merito all’accaduto, in quanto questo compito è stato debitamente assolto dalla Corte d’Appello di Ancona con la sentenza n. 1085/2012. Ciò a cui miriamo, in realtà, è un’esposizione dei fatti che possa essere utile a dipendenti e datori di lavoro che potrebbero trovarsi in situazioni analoghe. In sostanza, desideriamo offrire una sorta di visione d’insieme delle diverse eventualità che potrebbero verificarsi sul posto di lavoro, tracciando delle linee guida estrapolate da eventi reali. Dunque, così come in passato abbiamo parlato di ottime gestioni del benessere aziendale, oggi vi mostriamo cosa è accaduto laddove non si è voluto tener conto delle esigenze personali del dipendente.
Il caso – Come è stato anticipato, il caso che andiamo a esporre riguarda una lavoratrice depressa che è stata trasferita in maniera illegittima e alla quale è stato affidato un compito monotono, peraltro non giustificabile dal suo basso livello di qualifica professionale. La donna ha avanzato ricorso presso la Corte d’Appello di Ancona che, con la sentenza n. 1085/2012, lo ha accolto stabilendo il risarcimento del danno causato. Pertanto, Poste italiane spa, l’azienda presso la quale la ricorrente lavorava, dovrà provvedere a versare il risarcimento calcolandolo in base ai criteri tabellari per punto d’invalidità disposti dal Tribunale di Milano nel 2009 e non invece avvalendosi delle specifiche tabelle sugli infortuni sul posto di lavoro. Tale decisione è stata determinata dal fatto che il danno riconosciuto è stato giudicato di tipo biologico permanente.
Il danno biologico permanente – In che senso si parla di danno biologico permanente? Quali sono le caratteristiche? Ebbene, un danno di siffatta natura produce una menomazione psico-fisica della persona, quest’ultima intesa nella sua dimensione complessiva, dunque senza fare distinzione tra sfera privata o pubblica, lavorativa o domestica. L’individuo, solo lui e nient’altro che lui, viene minato nelle diverse aree di espressione della propria personalità, quali l’ambito economico, biologico, sociale, culturale ed estetico. Il danno biologico permanente non è di stampo patrimoniale, ma include il danno esistenziale, quello morale e quello relativo alle relazioni con gli altri. Proprio perché non è un danno patrimoniale, la liquidazione del risarcimento non va di pari passo con il compimento del reato da parte di chi lede, si tratta esclusivamente di un illecito civile. In sostanza, colui che viene danneggiato può avanzare un ricorso e ottenerlo, ma ciò non prevede che il danneggiante abbia commesso un reato penale.
Il benessere (s)conosciuto - E nel mirino della nostra escursione nell’universo lavoro abbiamo scovato il caso eclatante di una lavoratrice afflitta da una depressione certificata che era stata adibita a mansioni per nulla dinamiche, decisione questa che ha avuto come effetto il peggioramento delle già instabili condizioni di salute. Ricordando che il nostro intento non è quello di esprimere un giudizio in merito all’accaduto, in quanto questo compito è stato debitamente assolto dalla Corte d’Appello di Ancona con la sentenza n. 1085/2012. Ciò a cui miriamo, in realtà, è un’esposizione dei fatti che possa essere utile a dipendenti e datori di lavoro che potrebbero trovarsi in situazioni analoghe. In sostanza, desideriamo offrire una sorta di visione d’insieme delle diverse eventualità che potrebbero verificarsi sul posto di lavoro, tracciando delle linee guida estrapolate da eventi reali. Dunque, così come in passato abbiamo parlato di ottime gestioni del benessere aziendale, oggi vi mostriamo cosa è accaduto laddove non si è voluto tener conto delle esigenze personali del dipendente.
Il caso – Come è stato anticipato, il caso che andiamo a esporre riguarda una lavoratrice depressa che è stata trasferita in maniera illegittima e alla quale è stato affidato un compito monotono, peraltro non giustificabile dal suo basso livello di qualifica professionale. La donna ha avanzato ricorso presso la Corte d’Appello di Ancona che, con la sentenza n. 1085/2012, lo ha accolto stabilendo il risarcimento del danno causato. Pertanto, Poste italiane spa, l’azienda presso la quale la ricorrente lavorava, dovrà provvedere a versare il risarcimento calcolandolo in base ai criteri tabellari per punto d’invalidità disposti dal Tribunale di Milano nel 2009 e non invece avvalendosi delle specifiche tabelle sugli infortuni sul posto di lavoro. Tale decisione è stata determinata dal fatto che il danno riconosciuto è stato giudicato di tipo biologico permanente.
Il danno biologico permanente – In che senso si parla di danno biologico permanente? Quali sono le caratteristiche? Ebbene, un danno di siffatta natura produce una menomazione psico-fisica della persona, quest’ultima intesa nella sua dimensione complessiva, dunque senza fare distinzione tra sfera privata o pubblica, lavorativa o domestica. L’individuo, solo lui e nient’altro che lui, viene minato nelle diverse aree di espressione della propria personalità, quali l’ambito economico, biologico, sociale, culturale ed estetico. Il danno biologico permanente non è di stampo patrimoniale, ma include il danno esistenziale, quello morale e quello relativo alle relazioni con gli altri. Proprio perché non è un danno patrimoniale, la liquidazione del risarcimento non va di pari passo con il compimento del reato da parte di chi lede, si tratta esclusivamente di un illecito civile. In sostanza, colui che viene danneggiato può avanzare un ricorso e ottenerlo, ma ciò non prevede che il danneggiante abbia commesso un reato penale.
Autore: Redazione Fiscal Focus
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