venerdì 15 giugno 2012

SULLA INTOLLERABILE DISCRIMINAZIONE SUL MANCATO BONUS ALLE FUTURE MAMME DI POSTE ITALIANE, IERI 14 GIUGNO 2012, E' STATA PRESENTATA UNA INTERESSANTE INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE DALL' ON. LUCIA CODURELLI.

Atto Camera

Interrogazione a risposta in Commissione 5-07096
presentata da
LUCIA CODURELLI
giovedì 14 giugno 2012, seduta n.650
On. Lucia Codurelli

CODURELLI, GNECCHI, CONCIA, ALBINI e RAMPI. -
Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
 - Per sapere - premesso che:

l'articolo 3 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 «Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53» (divieto di discriminazione) recita:

«1. È vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l'accesso al lavoro indipendentemente dalle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività, a tutti i livelli della gerarchia professionale, attuata attraverso il riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza, secondo quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 1 della legge 9 dicembre 1977, n. 903.
2. È vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda le iniziative in materia di orientamento, formazione, perfezionamento e aggiornamento professionale, per quanto concerne sia l'accesso sia i contenuti, secondo quanto previsto dal comma 3 dell'articolo 1 della legge 9 dicembre 1977, n. 903.
3. È vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda la retribuzione, la classificazione professionale, l'attribuzione di qualifiche e mansioni e la progressione nella carriera, secondo quanto previsto dagli articoli 2 e 3 della legge 9 dicembre 1977, n. 903»;

l'articolo 22 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 «Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53» [trattamento economico e normativo (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 6, 8 e 15, commi 1 e 5; legge 9 dicembre 1977, n. 903, articolo 3, comma 2; decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, articolo 6, commi 4 e 5)] recita:

«1. Le lavoratrici hanno diritto ad un'indennità giornaliera pari all'80 per cento della retribuzione per tutto il periodo del congedo di maternità, anche in attuazione degli articoli 7, comma 6, e 12, comma 2.
2. L'indennità è corrisposta con le modalità di cui all'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, ed è comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia.
3. I periodi di congedo di maternità devono essere computati nell'anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie.
4. I medesimi periodi non si computano ai fini del raggiungimento dei limiti di permanenza nelle liste di mobilità di cui all'articolo 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223, fermi restando i limiti temporali di fruizione dell'indennità di mobilità. I medesimi periodi si computano ai fini del raggiungimento del limite minimo di sei mesi di lavoro effettivamente prestato per poter beneficiare dell'indennità di mobilità.
5. Gli stessi periodi sono considerati, ai fini della progressione nella carriera, come attività lavorativa, quando i contratti collettivi non richiedano a tale scopo particolari requisiti.
6. Le ferie e le assenze eventualmente spettanti alla lavoratrice ad altro titolo non vanno godute contemporaneamente ai periodi di congedo di maternità.
7. Non viene cancellata dalla lista di mobilità ai sensi dell'articolo 9 della legge 23 luglio 1991, n. 223, la lavoratrice che, in periodo di congedo di maternità, rifiuta l'offerta di lavoro, di impiego in opere o servizi di pubblica utilità, ovvero l'avviamento a corsi di formazione professionale»;

l'azienda Poste Italiane e le sigle sindacali UilPoste, Failp-Cisal, ConfsalCom e UglCom (organizzazioni sindacali che insieme rappresentano il 22 per cento delle lavoratrici e dei lavoratori di Poste) hanno firmato un accordo separato con il quale vengono fortemente penalizzate le donne in maternità;

il 53 per cento del personale di Poste Italiane è composto da donne;

l'accordo separato toglierebbe 140 euro di bonus alle future mamme, equiparando così l'astensione obbligatoria per maternità (insieme all'infortunio sul lavoro) all'assenza per malattia. Le future mamme, infatti, al pari dei lavoratori in infortunio, dei malati oncologici e di gravi altre patologie e di chi subisce ricoveri in ospedale, non avranno da oggi più diritto al bonus presenza pari a 140 euro annui, a meno che la lavoratrice interessata non decida di violare la legge e di presentarsi al lavoro anche quando è obbligata a stare a casa;

l'Unione europea aveva proclamato il 2007 «anno contro le discriminazioni di genere, razza e origine etnica, religione, convinzioni personali, handicap, età e orientamento sessuale». E nell'ambito delle iniziative nazionali per l'anno europeo contro le discriminazioni il Ministero del lavoro e delle politiche sociali aveva promosso un progetto detto «bollino rosa» volto a sviluppare interventi di politica attiva per l'occupazione di qualità delle donne, per l'emersione del lavoro non regolare e per la rimozione di ostacoli e discriminazioni che determinano differenze salariali di genere nel mondo del lavoro;

le rappresentanti sindacali del coordinamento nazionale donne Slc Cgil e Slp Cisl hanno inviato al Ministro interrogato una lettera con la quale viene chiesta la revoca del «bollino rosa S.O.N.O.», assegnato all'azienda dallo stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali nel 2007 per le politiche di non discriminazione e di valorizzazione delle competenze femminili;

appare grave il comportamento di Poste Italianeancor più perché trattasi di azienda partecipata dallo Stato, quello stesso Stato che approva leggi a tutela della maternità e contro le discriminazioni e che dovrebbe quindi controllarne l'applicazione -:

come pensi di intervenire con urgenza per sanare questa intollerabile discriminazione che ancora una volta colpisce le donne;

quali iniziative intenda assumere oltre alla revoca del «bollino rosa» come richiesto dalle suddette organizzazioni sindacali, nei confronti dell'azienda affinché si cancelli questa norma discriminatoria, al fine anche di evitare inaccettabili emulazioni da parte di altre aziende. (5-07096)

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